Una buona notizia: Giuseppe Pignatone capo della Procura antimafia a Reggio Calabria

«Un’esperienza nuova, che affronterò con grande entusiasmo. La guida della Procura di Reggio Calabria è un lavoro che mi attira molto, dopo avere
vissuto trent’anni in Procura qui a Palermo». Lo afferma Giuseppe Pignatone, che questo pomeriggio è stato nominato capo della Direzione distrettuale antimafia reggina. Il
neoprocuratore ha 58 anni e, dopo una breve esperienza da pretore a Caltanissetta, sua città natale, da magistrato è sempre stato in Procura.
    Assunte le funzioni giudiziarie nel 1974, dal 1977 è stato trasferito a Palermo, proprio in Procura, ufficio che ha lasciato solo per tre anni, dal 1996 al 1999: fu il periodo
della cosiddetta «Procurina», in cui Pignatone fu procuratore aggiunto presso la Pretura di Palermo. Di fatto in quegli anni Pignatone fu il capo dell’ufficio, per il quasi immediato
trasferimento dell’allora procuratore circondariale, Salvatore Celesti, alla Procura generale di Caltanissetta. Nel ’99 il ritorno alla Procura presso il Tribunale e nel 2000 la nomina
come aggiunto. Figlio di un manager della Regione imprenditrice, il professor Francesco Pignatone (morto nell’ottobre del 2006), il magistrato ha lavorato alle
inchieste sulla pubblica amministrazione in tutta la prima parte della sua carriera: negli anni ’80, assieme a Guido Lo Forte, che veniva considerato il suo «gemello», indagò su
banche, ospedali e sul Comune di Palermo. Sempre negli anni ’80 Pignatone incriminò l’ex sindaco Vito Ciancimino, poi condannato per mafia e corruzione: una propaggine di
quell’inchiesta è arrivata fino a oggi, con la condanna del figlio di don Vito, Massimo, riconosciuto colpevole di avere tentato di fare sparire il tesoro accumulato dal padre; ancora
una volta l’inchiesta era stata coordinata da Pignatone.
 A lungo braccio destro del procuratore Piero Grasso, Pignatone ha coordinato, con i colleghi Michele Prestipino e Marzia Sabella, le indagini culminate nella cattura del
superboss Bernardo Provenzano, arrestato l’11 aprile del 2006, dopo 43 anni di latitanza. Con Grasso aveva coordinato a lungo la Dda e le indagini su Palermo città: è stato il
responsabile dell’inchiesta sulle Talpe alla Dda, ha messo sotto indagine il presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro. Proprio il neo procuratore reggino, assieme ai
colleghi Maurizio De Lucia e Michele Prestipino, ha chiesto la condanna a otto anni del presidente della Regione Sicilia, poi dimessosi dopo una condanna a cinque anni. Nel luglio 2006 a Pignatone, che aveva chiesto di diventare procuratore di Palermo, il Csm aveva preferito Francesco Messineo.