Trattativa Stato-mafia, cominciato il processo a Palermo

PALERMO – Lo striscione attaccato alle grate dell’aula bunker del carcere di Pagliarelli di Palermo è un monito per tutti: indica che verità e giustizia devono essere punto fermo e obiettivo del processo che si è aperto proprio in quell’aula stamattina per la cosiddetta trattativa Stato-mafia. Lo striscione ricorda Agnese Borsellino, la vedova di Paolo, scomparsa tre settimane fa. E Paolo Borsellino, insieme agli agenti della scorta saltato in aria in via D’Amelio, sarebbe stato eliminato proprio perché era venuto a conoscenza della trattativa. Di fronte a quello striscione sfilano gli imputati eccellenti oggi presenti qui a Palermo: passa l’ex ministro dell’Interno e poi vicepresidente del Csm Nicola Mancino imputato per falsa testimonianza, sfila l’ex comandante del Ros dei carabinieri Antonio Subranni mentre non sono presenti gli ufficiali del Ros che avrebbero materialmente avvicinato il boss come Mario Mori e Giuseppe De Donno. Ma sfila anche Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo don Vito, nella sua doppia veste di imputato e testimone. È lo Stato che processa lo Stato che a sua volta si trova alla sbarra insieme ai boss: gli imputati sono in tutto dieci, rinviati a giudizio il 7 marzo del giudice per le udienze preliminari Piergiorgio Morosini, e tra questi c’è l’ex senatore del Pdl Marcello Dell’Utri ma ci sono i boss Totò Riina, Antonino Cinà, Leoluca Bagarella, il pentito Giovanni Brusca. È stata stralciata la posizione di Bernardo Provenzano (che è in gravi condizioni di salute) e dell’ex ministro Calogero Mannino.
L’accusa è rappresentata dal Procuratore capo Francesco Messineo, dall’aggiunto Vittorio Teresi, dai pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia: non c’è Antonio Ingroia che nel frattempo ha scelto altre strade.
Nemmeno il tempo di arrivare e Mancino (che sarà contestato all’uscita dal movimento delle Agende Rosse) annuncia che chiederà lo stralcio perché non accetta di essere alla sbarra insieme ai boss: «Io ho sempre combattuto la mafia, non posso stare nello stesso processo in cui c’è la mafia. Chiederemo uno stralcio – dice –. Ho fiducia e speranza – ha aggiunto – che venga fatta giustizia e che io possa uscire al più presto dal processo». Poco distante da lì intanto l’accusa prepara una richiesta di aggravante per l’ex ministro dell’Interno. Se ne saprà poco: la procura non spiega e il presidente non chiede rinviando ad altro momento. Mancino dal canto suo dice: «Non posso fare il veggente. Non sono preoccupato. Insisterò sulla richiesta dello stralcio e mi difenderò nel processo. Ognuno fa le sue valutazioni, qui ci sto io e mi difendo».
Questo processo è una tappa storica: «Finalmente – dice Salvatore Borsellino – è stato riconosciuto che la trattativa c’è stata». Dice il capo della Procura Francesco Messineo presente in aula: «Oggi iniziamo questo percorso che condurrà a una decisione che sarà comunque un atto di giustizia. Sull’importanza di questo processo non ci sono dubbi: è un processo che i temi trattati e per altri temi di valutazione è importante e di grande impegno per la Procura». E Nino Di Matteo, il pm che è stato più esposto su questo fronte dice: «Inizia il vaglio dibattimentale di un’ipotesi d’accusa che è maturata in anni e anni d’indagine a nostro avviso fondate non su teoremi, ma su elementi di prova assolutamente concreti. I giudici dovranno valutare se quei fatti costituiranno un reato a carico di quei soggetti che noi abbiamo incriminato. Sono state indagini difficili, ma sarà assolutamente importante continuare anche nella fase dibattimentale cercare di approfondire tanti elementi che meritano approfondimenti».
Tante le richieste di costituzione di parte civile: dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, la Regione siciliana, il Comune di Palermo e all’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro (calunniato da Massimo Ciancimino). Nel corso dell’udienza preliminare, il Gup ha già  ammesso come parti offese anche Rifondazione comunista, rappresentata oggi in aula dal segretario Paolo Ferrero, il movimento delle Agende rosse, il sindacato di polizia Coisp, l’Associazione vittime della mafia. Richiesta di costituzione di parte civile è stata fatta dai familiari dell’eurodeputato Salvo Lima, il cui omicidio avvenuto nel 1992 segna un punto di svolta in una trattativa che sarebbe comunque stata avviata già nel dicembre dell’anno precedente. I testimoni citati dalla procura sono 178: tra questi il Capo dello Stato Giorgio Napolitano e il presidente del Senato Piero Grasso. Sia i pm che i difensori degli imputati hanno chiesto un termine per interloquire sulle nuove richieste di costituzione di parte civile presentate oggi. La corte dìassise ha rinviato il processo al 31 maggio.