Stefania Limiti
«Nei cassetti non troveremo certo il nome di chi ha agito ma certamente troveremo documenti utili a capire in quale contesto istituzionale sono maturate le stragi di mafia e non solo. Il Copasir, per esempio, potrebbe cominciare a mettere a disposizione di tutti (studiosi, giornalisti e così via) parecchi atti che ha in archivio. Ciò ci aiuterebbe certamente a capire». A parlare è Strefania Limiti, giornalista, autrice del libro il “Doppio Livello. come si organizza la destabilizzazione in Italia” (Chiarelettere 458 pagine, 18,60 euro) in cui ha ricostruito «il doppio livello della destabilizzazione, dalla sua nascita fino alle stragi mafiose, tentando di capire come sia stato possibile realizzare una così grande operazione di camuffamento e deviazione della verità».
C’è stata un’attività di camuffamento e deviazione anche per le stragi di mafia, anche per quella di Via D’Amelio?
Io ho centrato molto la mia attenzione sulla strage di Capaci che l’opinione pubblica considera risolta. Ma noi sappiamo che resta il quadro allarmante delle altre persone presenti nei luoghi della strage. Ricomponendo la scena del crimine risulta infatti che quel giorno a Capaci non c’erano solo gli uomini di Totò Riina ma c’erano anche altri esponenti sulla base di un piano voluto da quelle menti raffinatissime di cui ha parlato lo stesso Giovanni Falcone. Ci sono parecchi elementi che ci fanno pensare a un’operazione sotto falsa bandiera, con lo stesso metodo che è stato usato nella strategia della tensione.
C’è stato un ruolo della destra eversiva. Un mondo quello della destra che Paolo Borsellino conosceva bene.
Indubbiamente Borsellino era in grado di avere le informazioni utili per capire quello che era successo a Capaci dove ha avuto un ruolo Pietro Rampolla il cui ruolo non è da sottovalutare poiché veniva da Ordine nuovo che è stato un vero e proprio servizio segreto. Rampulla era in contatto con Rosario Cattafi, l’avvocato barcellonese recentemente arrestato, che ritroviamo in varie vicende. Mi ha colpito la notizia recente che nell’indagine sull’omicio del giudice Bruno Caccia a Torino a casa di Cattafi siano stati trovati i falsi volantini di rivendicazione delle Br. Esperti nella preparazione di operazioni sotto false bandiere e la strage di Capaci ritengo sia stata un’operazione di quel genere.
Il filo conduttore nelle operazioni sotto falsa bandiera è il depistaggio istituzionale. E dunque a maggior ragione per Via D’Amelio si può sospettare una presenza di quel tipo.
Se c’è stato quel depistaggio che ha portato alla condanna di innocenti bisogna capire quale verità bisognava coprire. Di certo sembra chiaro che, come è avvenuto nella strategia della tensione, qualcuno ha lavorato affinché si scompaginasse la scena, si destrutturasse il quadro in modo da avere tante verità ma non la verità.
Può servire togliere il segreto su alcuni atti?
Prima bisogna capire quali atti ci sono. Perché potrebbero esserci cose che non conosciamo. E contestualmente ci può essere un’operazione verità grazie agli strumenti che anche il parlamento ci mette a disposizione.