PALERMO – Il caso più eclatante è quello del Consorzio Asi di Agrigento: dovrà pagare una cartella esattoriale di 27 milioni per tributi mai versati. Si tratta in gran parte di Iva dovuta per accertamenti fatti all’inizio degli anni ’90 oltre ad altri tributi erariali e comunali non versati o versati solo in parte. Il ricorso alla commissione tributaria, certo, è stato fatto e la sospensiva è stata concessa ma non sembrano esserci dubbi: dovrà pagare. La prospettiva sembra essere quella dell’ipoteca su tutte le aree del Consorzio.
Un anno e mezzo dopo la creazione dell’Istituto regionale per le attività produttive che ha sostituito gli 11 Consorzi di gestione delle aree industriali siciliane è da qui, da Agrigento, che può partire un viaggio nel dissesto delle aree industriali, il più delle volte travolte da un pozzo di San Patrizio di sprechi, di gestione un po’ troppo allegra in cui spesso la criminalità organizzata è riuscita a ritagliarsi una fetta non marginale.
Il Consorzio Asi di Agrigento, di cui due dirigenti rimossi dall’allora commissario Alfonso Cicero, oggi al vertice dell’Irsap, sono stati riammessi in servizio dal Tribunale di Agrigento sulla base di quello che Cicero in una denuncia presentata alla Gdf definisce «un cavillo procedurale», è il caso più evidente di un certo tipo di andazzo nella gestione delle aree industriali in Sicilia: qui in totale i debiti ammontano a oltre 80 milioni, una quota rilevante dei circa 250 milioni che, secondo alcune stime, costituiscono a oggi il debito complessivo delle Asi. Secondo una relazione aggiornata a qualche mese fa, i debiti dei consorzi «per difetto e per quanto allo stato conoscibile, ammontavano a 200 milioni di cui circa 100 milioni oltre ulteriori somme occorrende a titolo di spese legali, interessi e rivalutazione monetaria, riguardano contenziosi passivi pendenti, e i restanti 100 milioni sono imputabili a rapporti debitori relativi a lavori, forniture e prestazioni di servizi».
Vicenda scivolosa, quella delle Asi, tanto quanto può esserlo una storia in cui le infiltrazioni criminali sono consolidate ma mai veramente provate se non negli uffici prefettizi chiamati a pronunciarsi sulle informative antimafia. Eppure, come è stato detto e documentato più volte, alcune Asi potrebbero essere state per la mafia un veicolo attraverso il quale ottenere fondi di varia provenienza: dalle risorse dell’Unione europea ai fondi statali di altri interventi (Patti territoriali, 488/92 e così via). Ma questo è un capitolo di questa storia molto intricata che è ancora tutto da scrivere. Cicero, sotto costante assedio per le sue scelte, è stato dal primo momento costretto a fronteggiare da una parte gli attacchi di Cosa nostra che lo vuole morto a causa di decisioni avrebbero fatto danni per milioni alle cosche che avevano interessi radicati in alcune aree: vive sotto tutela costante delle forze dell’ordine considerato il numero di intimidazioni subite anche ad opera di qualche funzionario delle Asi. L’altra battaglia è invece di natura amministrativa. Il Tar di Palermo è chiamato a pronunciarsi sulla legittimità o meno della nomina di Cicero al vertice dell’Irsap: secondo i ricorrenti (l’organizzazione artigiana Casa) non avrebbe i titoli ma il Tar si è riservato di decidere. Si vedrà.
Intanto è stato inserito nella legge di stabilità delal Regione siciliana approvata nella notte del primo maggio un emendamento che esclude categoricamente che debba essere l’Irsap a pagare i debiti accumulati dalle Asi in tutti questi anni: da quando è entrata in vigore la norma, spiegano dall’Istituto, la corrispondenza è diminuita dell’80%. La norma dice chiaramente che devono essere gli undici commissari liquidatori dei consorzi a occuparsi dei debito dei rispettivi enti. Un passo avanti non da poco. Anche se l’obiettivo ultimo per l’Istituto è quello di riconsegnare le aree industriali ai comuni secondo un a strategia ampiamente condivisa anche dagli imprenduitori. A partire da Confindustria Sicilia secondo cui «l’istituzione dell’Irsap è stato un passo in avanti necessario per poter gestire il periodo transitorio ma le aree dovranno essere gestite dai Comuni, attraverso sportelli unici efficienti, snelli e con poco personale altamente professionalizzato».
Articolo tratto da Il Sole 24Ore