«Parlo chiaro con le imprese io, e gli dico: “Picciotti, dovete uscire un milione per Bartolo, un milione per Peppe, un milione per Ciccio”». È tutto in queste parole, intercettate dagli investigatori della squadra mobile, il sistema che a Trapani governa la politica, l´imprenditoria, l´amministrazione pubblica, la mafia. Senza distinzioni di schieramento: uomini di centrodestra assieme a uomini di centrosinistra in uno scambio di voti e affari con i boss di Cosa nostra, e come intermediaria una classe di imprenditori al servizio degli uni e degli altri.
Proprio uno di loro, Antonino Birrittella, titolare di un´impresa edile ed ex presidente della squadra di calcio, ha consentito agli uomini della Mobile di Trapani di scoperchiare un altro dei calderoni all´interno del quale mafiosi e politici andavano a braccetto e facevano affari, con un protagonista eccellente: Bartolo Pellegrino, leader di Nuova Sicilia, ex vice presidente della Regione ed ex assessore regionale al Territorio e ambiente. Una carica della quale – ha scritto il gip Antonella Consiglio che lo ha spedito agli arresti domiciliari per concorso in corruzione – «faceva mercimonio». In contatto diretto con il capo mandamento di Trapani, Francesco Pace, con il quale – scrivono i giudici – «si era completamente messo a disposizione rendendosi disponibile a utilizzare e porre a disposizione della cosca mafiosa non solo i suoi poteri connessi alla carica di assessore regionale e di deputato regionale, ma anche la propria influenza istituzionale di leader di una formazione politica ben rappresentata in tutte le amministrazioni locali».
«All´interno del tessuto economico-politico di Trapani – dice il capo della squadra mobile, Giuseppe Linares – ci sono vere e proprie cellule di Cosa nostra che consentono all´organizzazione mafiosa di controllare radicalmente il settore degli appalti e di condizionare la pubblica amministrazione». Cellule come quella della quale facevano parte i sei arrestati dell´inchiesta condotta dai sostituti procuratori Gaetano Paci e Andrea Tarondo, coordinati dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo Roberto Scarpinato: oltre al leader di Nuova Sicilia, il capomafia di Trapani Francesco Pace, già in carcere, tre imprenditori, Vincenzo Mannina, Michele Martines e Mario Sucamele, e l´ex direttore dell´Agenzia del demanio di Trapani Francesco Nasca.
Per la “cellula” di Cosa nostra, il piano regolatore della città era solo un dettaglio. C´era una speculazione edilizia in vista a Villa Rosina, in un´area destinata a verde agricolo? Nessun problema. Gli imprenditori di Cosa nostra avevano l´asso nella manica: «Ma qua tante cose possiamo fare… abbiamo Bartolo che è là a Territorio e ambiente», diceva Nino Birrittella intercettato nella sua autovettura. Un fiume di parole davanti alle quali, una volta arrestato nel dicembre 2005, l´ex presidente del Trapani calcio ha deciso subito di collaborare spiegando per filo e per segno il “sistema” e incastrando Pellegrino. Cinquanta milioni di lire per ogni appartamento realizzato nella speculazione edilizia: questo il “prezzo” dell´allora assessore Pellegrino che – secondo gli inquirenti – da quest´operazione avrebbe finito con l´incassare trecentomila euro. «Bartolo ci darebbe una mano e poi vediamo… tre, quattro imprese… persone serie e giuste… facciamo questa srl che si compra questo terreno».
La voce di Pellegrino viene intercettata invece negli uffici di un altro imprenditore in odor di mafia, Tommaso Coppola, anche lui arrestato con Birrittella nel dicembre 2005. Si parla dell´appalto della funivia Trapani-Erice e del candidato alla carica di sindaco di Valderice nelle elezioni del 2003. La scelta cade su Mario Sugameli: Bartolo Pellegrino ne caldeggia la candidatura con gli alleati di Forza Italia. «Me ne occupo io di questa vicenda – assicura Pellegrino – parlo con Ciccio Canino per dirgli… che dobbiamo fare? Glieli dobbiamo regalare sempre alla sinistra lì oppure dobbiamo fare una cosa».
Filmato a pranzo a Erice con esponenti mafiosi, i cui parenti avevano già trovato posto nelle liste di Nuova Sicilia nelle passate amministrative a Trapani, Pellegrino sembrava scegliere i suoi segretari solo tra le file di Cosa nostra: prima Francesco Orlando, poi Girolamo Coppola, tutti finiti in carcere. E il nome dell´ex deputato veniva fuori nell´intercettazione di un colloquio tra Coppola e il fratello, nel carcere di Trapani: «Come te la passi, segretario appresso a Pellegrino?». «Di lusso, ora andiamo a Roma, marito e moglie, stanno aprendo degli uffici regionali a Roma»
Articolo di Alessandra Ziniti da La Repubblica