Il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone è persona molto moderata e di indole tranquilla. Insomma uno cui non piace urlare. Almeno così a me sembra. E con il suo tono molto pacato da mesi va ripetendo che la situazione calabrese è da non sottovalutare. Tutto ciò non per voglia di protagonismo ma per l’implicita pericolosità della ‘ndrangheta che ha fatto ormai da anni il salto di qualità e si propone come organizzazione criminale che aspira a consolidare la leadership, soprattutto nelle zone ricche del nostro paese. Il procuratore distrettuale antimafia reggino, colui che ha coordinato le indagini poi sfociate nella cattura di Bernardo Provenzano, colui che ha coordinato le indagini che hanno portato all’arresto di decine di pericolosissimi boss della ‘ndrangheta, colui che ha coordinato le indagini poi sfociate in sequestri e confische per centinaia di milioni, dice chiaro: non occorre abbassare la guardia. E nel lanciare l’appello si rivolge ovviamente anche agli organi di informazione, ai grandi media nazionali, spesso distratti di fronte ai fatti della Calabria dove sono in corso processi importanti in cui è massima la collusione tra politica e mafia, tra colletti bianchi e ‘ndrine, tra la società e i criminali. La bomba fatta esplodere stamattina è un segnale che conferma l’allarme lanciato da Pignatone: la ‘ndrangheta ci mette poco ad alzare il tiro puntando alle istituzioni. Ecco perché siamo tutti chiamati a un atto di responsabilità forte: non lasciare soli i magistrati, i poliziotti, gli investigatori che operano in quella terra difficile. Dove la macchia della collusione ha spesso toccato anche i magistrati e dove amoicizie e parentele consolidate cercano di imporre regole a tutti.[ad#co-9]