“Il futuro del vino in Sicilia vedrà i vini di montagna come i principali protagonisti e punterà a piccole varietà come il Perricone e il Catarratto e a nuove zone vinicole come i Nebrodi. La Sicilia ha già avuto trent’anni fa una grande possibilità: diventare la prima regione biologica”. A parlare, è Mattia Filippi fondatore insieme a Umberto Marchiori e Roberto Merlo di Uva Sapiens, società di alta consulenza tecnica e specialistica nel settore vinicolo impegnata in diverse aree del mondo, ha voluto affrontare per ragionare insieme sul futuro e sullo stato evolutivo nel mondo del vino.
Il calo dei consumi impensierisce non poco: sono cambiati i gusti dei consumatori e il sistema prova a correre ai ripari. Da qui le domande: come sarà il vino del futuro e quali strategie è necessario mettere in atto? E, in particolare, la Sicilia a cosa deve guardare soprattutto alla luce del cambiamento climatico in atto? “A qualcosa di antico che va oltre la tradizione, qualcosa che era stato abbandonato, come i vitigni reliquia che nell’ultimo secolo non rispecchiavano più le esigenze produttive – dice Filippi -. Oggi rimettendoli in produzione si potrebbero trovare delle varietà o delle soluzioni “ecologiche” innovative sia per contrastare il cambiamento climatico, sia come risultato enologico per ottenere dei vini “contemporanei”. Inoltre si potrebbe guardare a varietà che, selezionate tramite incroci, potrebbero resistere bene alle malattie e alla siccità”.
Non c’è cosa più moderna che tornare all’antico, dunque ma con un occhio alla ricerca: “Facciamo un esempio – aggiunge Filippi -. Se ci fosse una varietà che accumula poco zucchero, conseguentemente darà dei vini poco alcolici, non corposi e molto fruttati. Oppure una varietà che matura molto presto o molto tardi, saltando la fase critica di luglio e agosto. Questi sono elementi che 20 anni fa erano dei limiti forti per le esigenze produttive dell’epoca. Oggi, invece, con le esigenze produttive e il cambiamento di “stile” nel vino che vuole il mercato, potrebbero essere dei vantaggi”.
Ma ci sono anche i problemi strutturali che riguardano le aziende ma anche il sistema in generale. Per Mattia Filippi in Sicilia “ci sono margini di accelerazione impressionanti. Ma non è normale che ci siano nello stesso contesto viticolo aziende che falliscono e aziende che performano benissimo, fra le migliori in Italia. In altre zone d’Italia l’andamento del comparto viticolo è più omogeneo, o vanno tutti bene o tutti male o tutti così così. In Sicilia ci sono troppi casi di aziende che vanno male vicine ad aziende che hanno grande successo e il paradosso è che mai come in Sicilia ci si muove in un contesto di alta collaborazione su tutta la filiera, cosa che non esiste in nessuna regione italiana”.
Che fare invece per rafforzare il sistema? “Bisogna ripensare al modello agricolo non più come un compartimento stagno. Il vero futuro della Sicilia dovrebbe essere una legge quadro di visione con all’interno l’agricoltura, il turismo, l’industria green e possibilmente anche il settore energetico. Non si può più pensare che il settore starà in piedi da solo. La Sicilia è una regione-continente in cui esiste ancora margine per il turismo rurale o l’ecoturismo, si può stare all’aperto 10 mesi su 12 e non solo in ambito viticolo, ma anche zootecnico, ortofrutticolo, escursionistico, in mille settori. Credo che il turismo resterà una cosa abbastanza democratica e abbastanza popolare”