Mafia. Sbarca in Parlamento la questione del centro commerciale di Barcellona (Messina):

di Antonio Mazzeo
Un’interrogazione parlamentare pesante come un macigno riporta sotto i riflettori nazionali Barcellona Pozzo di Gotto, comune del messinese dalla pessima vita amministrativa e ad altissima densità mafiosa. Il 12 gennaio 2010 il senatore Giuseppe Lumia (Partito democratico), membro della Commissione antimafia, ha depositato un’interrogazione al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell’interno in cui viene ricostruita con dovizia di particolari la scandalosa vicenda relativa al progetto d’insediamento in un’area agricola di oltre 18 ettari di uno dei maggiori parchi commerciali di tutto il Sud Italia (sono previste infrastrutture per 398.414 metri cubi).
«In data 19 novembre 2009 – scrive il senatore Lumia – il Consiglio comunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con 22 voti favorevoli e un solo astenuto, ha approvato il piano particolareggiato per il megaparco; va tuttavia segnalata la gravissima anomalia rappresentata dalla società che ha proposto il piano, ottenendone l’approvazione, la Dibeca sas, direttamente riconducibile ad un noto pluripregiudicato locale, l’avvocato Rosario Pio Cattafi, che, secondo quanto riportato nella relazione conclusiva di minoranza della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare della XIV Legislatura, con primo firmatario l’interrogante, solo nel luglio 2005 ha finito di scontare la misura di prevenzione antimafia della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, irrogatagli nel massimo (cinque anni), per la sua pericolosità, comprovata, secondo quanto si legge nel decreto emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Messina il 2 agosto del 2000, dai suoi costanti contatti, protrattisi per decenni e particolarmente intensi proprio nella stagione delle stragi, con personaggi del calibro di Benedetto Santapaola, Pietro Rampulla, Angelo Epaminonda (col quale Cattafi relazionò nel lungo periodo di sua permanenza a Milano) e Giuseppe Gullotti (addirittura di quest’ultimo, capomafia barcellonese condannato definitivamente per l’omicidio del giornalista Beppe Alfano, Cattafi, nella migliore delle tradizioni di “Cosa Nostra”, è stato testimone di nozze)».
Dopo un’ampia descrizione del curriculum criminale e delle cointeressenze societarie del professionista barcellonese, l’interrogante si sofferma sull’iter «particolarmente contorto» che ha condotto alla presentazione e all’approvazione del piano particolareggiato del megacentro commerciale. Il parlamentare del Pd chiede infine se «siano già stati disposti, sulla scorta delle gravi denunce giornalistiche e in base alla normativa antimafia, i dovuti accertamenti sulle irregolarità dell’approvazione del parco commerciale di Barcellona Pozzo di Gotto» e «quali iniziative intenda intraprendere il Governo per ripristinare la legalità in uno dei territori siciliani più martoriati dalla presenza asfissiante della criminalità mafiosa, che a Barcellona da sempre gode di inusitate protezioni da parte di soggetti istituzionali, come dimostrano le vicende relative all’assassinio del giornalista Beppe Alfano, il più grave episodio criminoso della storia locale, di cui proprio in questi giorni ricorre il diciassettesimo anniversario».
Mentre sindaco e giunta comunale scelgono il silenzio stampa, il Movimento Civico Città Aperta di Barcellona esprime piena approvazione al contenuto dell’interrogazione parlamentare. «L’ennesimo puntuale intervento del Senatore Lumia ha il merito di evidenziare ancor più le ragioni che rendono inopportuna la realizzazione del parco commerciale», scrivono in un comunicato i portavoce del Movimento. «A parte l’inutilità di tale struttura in un contesto già caratterizzato da una spiccata vocazione commerciale, e l’impatto ambientale di un’opera talmente imponente, nell’interrogazione si sottolinea la scarsissima attenzione dell’amministrazione comunale in merito ad una vicenda che vede coinvolta una società, la Dibeca sas, già oggetto di segnalazione da parte della commissione prefettizia che nel 2006 aveva chiesto senza successo lo scioglimento del Consiglio Comunale di Barcellona, e questo in forza della presenza, tra i soci di allora, di Rosario Pio Cattafi, destinatario in passato di un provvedimento prefettizio di restrizione della libertà per i suoi contatti ad alti livelli con la gerarchia mafiosa». Per Città Aperta, inoltre, «l’affrettata approvazione del parco commerciale è solo l’ultimo di una serie di eventi accaduti di recente, che gettano una seria ombra sulle prospettive di ripristino della legalità in un territorio martoriato: le recenti sentenze della Corte di Appello di Messina che hanno di fatto stravolto le inchieste “Mare Nostrum” e “Mare Nostrum droga”; la concessione degli arresti domiciliari al boss Gerlando Alberti Jr., condannato all’ergastolo per l’omicidio di Graziella Campagna; l’ennesima archiviazione da parte della procura di Viterbo delle indagini sull’omicidio dell’urologo barcellonese Attilio Manca».
Il Movimento Civico congiuntamente alle organizzazioni che compongono il Presidio “Rita Atria” Libera Milazzo-Barcellona (l’Associazione antimafie Rita Atria, L’Altra Milazzo, Il Giglio, Smasher e Milazzo Attiva), ha pure depositato agli atti del Comune di Barcellona formale richiesta di accesso al fascicolo tecnico ed amministrativo relativo all’approvazione del Piano particolareggiato del megaparco. Il Presidio punta in particolare «a verificare la legalità del procedimento della “straordinaria” pianificazione urbanistica, con la possibilità di realizzare un ingente investimento di capitali, che si teme di “dubbia” provenienza, e che comunque ferirà mortalmente la rete di strutture commerciali esistenti nel territorio barcellonese e dei comuni limitrofi». È stata preannunciata inoltre la possibilità di intraprendere «azioni utili per pervenire al diniego dell’approvazione regionale o all’annullamento giurisdizionale degli atti adottati» e «denunce presso la magistratura e le Commissioni Regionali e Nazionali Antimafie».
Quanto accaduto nella città del Longano sarà anche al centro dell’incontro-dibattito su “Neofascismo, mafia, controllo del territorio. Il laboratorio politico Barcellona PG”, che si terrà a Messina martedì 26 gennaio. «Quella del parco commerciale – affermano gli organizzatori della Casamatta della Sinistra – non è solo la storia di una società con 0 addetti che si intesta un progetto di 250 milioni di euro, o dell’impressionante intreccio di interessi e complicità condensati nelle varianti al PRG. È il tentativo di ricostruire una “trama” che ci dice molto più di un territorio colonizzato dalla destra: Barcellona “caso nazionale”, crocevia di personaggi, alleanze e strategie che in questi anni hanno condizionato la vita democratica del Paese».
Intanto emergono nuovi particolari sul grande affaire multimilionario della città del Longano che tuttavia non consentono di chiarire le tante zone d’ombra che hanno caratterizzato l’intera operazione dal suo nascere. Una di esse riguarda l’acquisizione da parte della Dibeca di una parte consistente dei terreni di contrada Siena dove sorgerà la nuova infrastruttura commerciale. Si è appreso ad esempio che l’estensione dell’area oggi nella titolarità della società della famiglia Cattafi è di 5,97 ettari e non di 5,24 ettari come era stato rilevato invece da alcuni organi di stampa locali. La Dibeca di Corica Ferdinanda e C. (questo il nuovo nome assunto nel dicembre 2004 dopo il cambio delle ragioni sociali) ha acquistato i terreni il 7 aprile 2005 dall’Opera San Giovanni Bosco dei Salesiani di Barcellona che, a sua volta, li aveva ricevuti in donazione testamentaria da uno stretto congiunto di Rosario Pio Cattafi. Costo totale 619.800 euro (394.800 per i terreni agricoli e 225.000 euro per i fabbricati ivi ospitati), con pagamenti avvenuti in data anteriore alla stipula del contratto di compravendita. La cifra corrisponde esattamente al miliardo e duecentomilioni di vecchie lire riportato nell’atto sottoscritto l’1 ottobre 2001 in cui Alessandro Cattafi (figlio di Rosario Pio), in qualità di rappresentante legale della Dibeca, dichiara la disponibilità ad acquistare i terreni dei salesiani entro un termine di 28 mesi. È però un valore notevolmente inferiore ai circa 800.000 euro che, sempre secondo quanto trapelato sulla stampa, sarebbero stati poi negoziati tra le parti. In verità, il 7 marzo 2005, a seguito di una perizia di un agronomo che aveva meglio stimato i terreni di contrada Siena, la Dibeca si era impegnata con una scrittura privata a versare all’Opera San Giovanni Bosco 200.000 euro in più della somma concordata preliminarmente. Per l’acquisto dei terreni, dunque, si sarebbe dovuto corrispondere 819.800 euro. Solo che di questa somma “integrativa” non c’è traccia nel contratto che sarà stipulato esattamente 30 giorni dopo. Né c’è traccia di un suo pagamento entro la data fissata dalla scrittura privata come termine massimo (il 30 giugno 2009), né successivamente. Di contro, con una missiva del 3 dicembre 2006, la società dei Cattafi avrebbe lamentato un danno quantificato in circa 150.000 euro dovuto ad una pregressa alienazione di tre particelle catastali e all’esistenza di alcune famiglie affittuarie di fabbricati di contrada Siena, condizioni che i salesiani avrebbero omesso di dichiarare al momento della stipula del contratto di vendita dei terreni. La querelle tra le parti non è mai stata ricomposta.
Diversamente era accaduto in passato con il contenzioso legale avviato il 17 marzo 1979 da Gaspare Cattafi (il padre di Rosario Pio), poi scomparso. Il noto farmacista barcellonese si era appellato in Tribunale chiedendo la «risoluzione delle disposizioni testamentarie» con cui il proprio genitore, in punto di morte, aveva donato all’Oratorio salesiano alcuni immobili e i terreni agricoli posseduti a Barcellona, vincolandone l’uso a scopi sociali e benefici. Il 6 dicembre 1989, tuttavia, i giudici rigettarono la domanda del Cattafi. La sentenza fu appellata, ma prima che fosse emesso il giudizio di secondo grado, l’ordine religioso dichiarò la propria capitolazione. L’1 ottobre 2001 (stessa data dell’opzione di acquisto della Dibeca sui terreni di contrada Siena) furono ceduti ad Alessandro Cattafi, procuratore del nonno Gaspare, lo storico “Palazzo Cattafi” con l’annesso giardino, un fabbricato con due appartamenti in via Garibaldi n. 435 ed un’autorimessa di 100 metri quadri in località “Baglio Terrasanta”. Valore dichiarato, 260 milioni di lire. Una transazione assai onerosa per i salesiani ma certamente non comparabile alla “donazione” dei 5,97 ettari di terreni che ospiteranno la nuova cittadella commerciale. Stando alla Gazzetta del Sud del 9 dicembre scorso, quando diventeranno operativi gli espropri, ai proprietari dei terreni verrà riconosciuto il valore di 85 euro al metro quadro. Conti alla mano, alla Dibeca di Cattafi & C. andranno così 5.074.500 euro, otto volte in più di quanto versato per acquisire la titolarità dell’area beneficiata dal nuovo piano particolareggiato unanimemente approvato dal consiglio comunale. Un vero e proprio miracolo con ben poco di evangelico.
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