L'Italia è leader mondiale nella legislazione sul pentitismo, ma il sistema di protezione degli ex mafiosi rischia di naufragare per mancanza di finanziamenti. È questo, in sintesi, l'allarme lanciato dal ministro Roberto Maroni attraverso una relazione al Parlamento del dipartimento della pubblica sicurezza del dicastero degli Interni. I dati riguardano il primo semestre del 2010, ma la "fotografia" della situazione è di grande attualità, anche perchè la relazione sottolinea che nel 2011 il bilancio dello Stato «ha previsto stanziamenti in misura notevolmente inferiore al solo fabbisogno economico rappresentato per le spese ordinarie». I tagli di spesa sono tanto rilevanti che l'amministrazione della Giustizia non è in grado di pagare puntualmente l'affitto delle case assegnate ai pentiti che ci vivono con una nuova identità per metterli al riparo dalla vendetta criminale.
«L'insufficienza di fondi comporta l'impossibilità – si legge nella relazione – di fronteggiare gli impegni di spesa assunti. Malgrado una gestione delle spese molto oculata, l'erogazione dei servizi primari di assistenza è sempre più a rischio». Un aggravio dei costi nei programmi di protezione è imputabile alla lentezza della macchina giudiziaria: «Il sistema processuale – si legge nel documento – non corre in ausilio del reinserimento sociale, tenuto conto che spessissimo gli impegni giudiziari dei collaboratori e testimoni si protraggono per tantissimi anni». Insomma, è arduo far "rinascere" un pentito con una nuova identità fittizia, se per lungo tempo deve poi comparire dinanzi al giudice con quella vera. Alla data del 30 giugno 2010 i collaboratori di giustizia protetti erano 957, in lieve diminuzione rispetto al 2000 (erano 1110), forse anche a causa delle minori garanzie offerte per carenza di finanziamenti. Solo nel primo semestre dell'anno scorso la spesa per la protezione dei pentiti è stata di 36.846.707,04 euro, informa con grande puntualità contabile il ministero.