E’ stato il consigliori della famiglia Lo Piccolo, quella dei boss Salvuccio (il padre), Sandro e Calogero. Marcello Trapani, l’avvocato rampante con studio nel cuore di Palermo a un centinaio di passi dal Teatro Massimo, era il loro avvocato, oltre a essere il procuratore legale di giovani calciatori del Palermo calcio ma non solo, ma era anche il loro consulente per gli affari ovvero per il reimpiego del denaro sporco proveniente dalle attività illecite della famiglia mafiosa che ha cercato, dopo l’arresto di Bernardo Provenzano, di estendere il dominio su tutta la provincia di Palermo partendo dal mandamento di San Lorenzo a Palermo. Ebbene: Marcello Trapani, finito in carcere l’anno scorso (il 23 settembre) ha deciso di collaborare con i magistrati palermitani raccontando tutto. Per esempio che il patrimonio illecito della cosca di San Lorenzo, frutto delle estorsioni, i prestanome di Cosa nostra, ma anche i rapporti dei capimafia palermitani con le cosche americane. Il penalista, legato ai Lo Piccolo, da rapporti di amicizia di vecchia data, arrestato a settembre scorso, collabora con la giustizia. Ex procuratore sportivo, socio dell’ex dirigente del Palermo Calcio Giovanni Pecoraro, finito in manette nella stessa indagine, anche lui con l’accusa di mafia, Trapani starebbe facendo rivelazioni anche sulla società rosanero. Nell’ordinanza che disponeva, per entrambi, la custodia in carcere, i pm della Dda sostennero che Pecoraro e Trapani avrebbero fatto pressioni su alcuni dirigenti della Palermo calcio per far giocare nella squadra di serie A alcuni giovani calciatori di cui erano procuratori. Pressioni fatte, secondo l’accusa, vantando l’amicizia con i boss. «Grazie al suo incarico professionale, Trapani – scrivono i pm nella richiesta di
arresto di prestanome dei boss – ha instaurato nel tempo, soprattutto con Calogero Lo Piccolo, un rapporto di fiducia e confidenza, apprendendo rilevanti ed aggiornate informazioni sulle dinamiche interne dell’organizzazione mafiosa e sulle attività di investimento del denaro di illecita provenienza». Il penalista, la cui collaborazione è ritenuta dalla dda «particolarmente rilevante e attendibile» ha anche confermato che il cugino, l’ex finanziere Salvatore Cataldo, gli avrebbe procurato il giubbotto antiproiettile poi consegnato a Calogero Lo Piccolo.[ad#co-9]