Mafia e stato, il “papellino” della «Primula nera»

di Nino Amadore
Compare nelle carte del processo sulla strage di Via D’Amelio e in altre numerose indagini sulla mafia stragista. È l’uomo su cui hanno indagato a suo tempo a lungo anche i magistrati della procura antimafia di Caltanissetta impegnati a ricostruire le dinamiche della strage di Via D’Amelio e hanno agli atti il racconto che fa il pentito Giovanni Brusca a proposito di strane offerte di accordi di cui si sarebbe fatto latore Antonino Gioè, il boss poi morto suicida in carcere. Lui è Paolo Bellini, un militante del movimento di estrema destra Avanguardia nazionale, trafficante di opere d’arte, killer al servizio della ‘ndrangheta, mediatore per conto dello Stato in una difficile trattativa con Cosa nostra ufficialmente per il recupero di opere d’arte rubate, infine arrestato nel 1999 e dunque pentito, reo confesso di decine di omicidi compiuti a sangue freddo tra l’Emilia Romagna e la Calabria. È stato lui ad uccidere nella sua città Reggio Emilia, più di trent’anni fa, il militante di Lotta continua Alceste Campanile, ed è stato lui a tessere le fila di una strana trama tra i cui comprimari ci sono boss mafiosi di primo piano ma anche uomini dello stato: poliziotti, carabinieri, agenti dei servizi segreti. Ed è questa la storia ricostruita e documentata in “La primula nera“, Paolo Bellini, il protagonista occulto di trent’anni di misteri italiani, il libro scritto dal giornalista Giovanni Vignali e pubblicato da Aliberti editore (259 pagine, 17 euro). Oggi è a Bellini che va il pensiero dopo aver ascoltato le parole del procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso quando, a proposito delle richieste che Riina avrebbe fatto allo Stato in quella tragica stagione di sangue nel 1992 (il papello), ricorda l’esistenza di un «Papellino» che, come si legge nelle carte processuali, «potrebbe essere stato consegnato ai carabinieri del Ros, al colonnello Mori che nega l’episodio, da uno strano collaboratore dei servizi che chiedeva l’abolizione dell’ergastolo per i capimafia Luciano Liggio, Giovanbattista Pullarà, Pippo Calò, Giuseppe Giacomo Gambino e Bernardo Brusca».
Scrive Enzo Ciconte, nella prefazione al libro di Vignali: «Sono stati pochi coloro che si sono occupati di quella che si potrebbe definire una trattativa minore che ebbe come suo protagonista assoluto Paolo Bellini». Che oggi torna drammaticamente d’attualità. Lo racconta proprio Vignali: «Nel febbraio del 2005, rispondendo a una delle prime domande del pm Giovanni Melillo, la primula nera ha esordito così: Io sono qui, in questo interrogatorio, in qualità di Bellini Paolo, non di domatore delle quattro scimmiette: Gioè, Brusca, Bagarella e Totò Riina».[ad#co-17]