“Quarant’anni dopo la prima marcia antimafia il clima è cambiato, oggi torniamo in corteo dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro che con la sua latitanza trentennale resa possibile da connivenze politiche, amministrative e culturali impone, oggi più che mai, la necessità di sciogliere il nodo mafia-corruzione. Torniamo in corteo dopo il covid insieme a studenti, Chiesa, sindacati, politici, cittadini a ribadire l’attualità della legge Rognoni- La Torre”.
Così Vito Lo Monaco, presidente emerito del centro studi Pio La Torre, ha spiegato il senso della partecipazione alla marcia antimafia, 40 anni dopo la prima storica edizione del 1983. Un’adesione massiccia e trasversale che ha visto migliaia di persone in cammino lungo quasi sei km di quella che prima era nota come strada del Vallone e via di fuga dei killer, e dal 2014 ribattezzata strada della marcia antimafia. Un lavoro nelle scuole lungo e capillare, come ha sottolineato la presidente del centro, Loredana Introini: “perché è nostra la responsabilità di consegnare in questo passaggio di testimone un mondo migliore a voi ragazzi”.
Tra i presenti, come nel 1983, padre Cosimo Scordato e padre Michele Stabile. “Vi chiediamo scusa per non avere sconfitto, dopo 40 anni la mafia – ha detto Scordato – speravamo di farcela prima, anche se adesso molte cose sono cambiate”. Per la prima volta alla marcia anche la commissione regionale antimafia: “La Sicilia è questa, quella mafiosa ci ha infangato, rubandoci il futuro – ha detto Antonello Cracolici, presidente della commissione – E’ venuto il tempo di spazzare via quei legami di connivenza, per individuare e colpire quella borghesia mafiosa che ci ha fatto vergognare di essere siciliani. Oggi sono orgoglioso di essere siciliano, quarant’anni fa io c’ero, in quel momento la mafia sembrava invincibile e inarrestabile”.
In testa al corteo monsignor Corrado Lorefice, che ha ricordato la coincidenza con il primo anniversario della guerra in Ucraina: “Siamo in marcia contro tutte le violenze, quella mafiosa come quella degli Stati. La violenza è sempre irrazionale. Noi crediamo alla irrazionalità della pace. Siate costruttori – ha detto l’arcivescovo di Palermo rivolgendosi agli studenti – di un futuro libero dal condizionamento della criminalità organizzata.
Quasi 80 sono state le adesioni pervenute da scuole di ogni ordine e grado, amministrazioni locali, associazioni e movimenti. Tante adesioni a dimostrazione di una memoria condivisa e di una diffusa consapevolezza che le nuove mafie sono indebolite dal contrasto dello Stato e dalla coscienza civica del Paese. Tra le testimonianze degli studenti che hanno chiuso sul palco la manifestazione, particolarmente toccante è stata quella di Virginia Pollara, alunna della scuola media di Casteldaccia: il nonno, Salvatore, imprenditore edile, fu ucciso dalla mafia l’11 marzo 1983 per non essersi piegato alle richieste di cosa nostra. “Mi ha insegnato il coraggio, l’onestà – ha detto Virginia – era un uomo perbene, elegante e gentile, che si rifiutava di pagare il pizzo e che ha sempre denunciato la mafia”.