Si intitola “Divario di cittadinanza, Un viaggio nella nuova questione meridionale”, è il libro di Luca Bianchi e Antonio Fraschilla, da domani nelle librerie, edito da Rubbettino, è un diario di un viaggio nel Mezzogiorno, dove la cittadinanza limitata, connessa alla mancata garanzia di livelli essenziali di prestazioni, è il tema principale con il quale misurarsi.
Un racconto in cui i dati e le analisi si alternano alle storie concrete di cittadini, delle loro difficoltà, dei diritti negati, dell’inventiva, dei successi, delle furberie e dei quotidiani compromessi. Quattro anni di viaggio per vedere cosa c’è davvero dietro a quei numeri impietosi sui divari che rendono il Mezzogiorno la più grande regione in ritardo di sviluppo d’Europa.
Un lungo peregrinare che ha portato gli autori a raccontare cosa rimane del sogno industriale degli anni ‘50 in città dimenticate come Gela. A raccontare le storie dei primari campani che si vanno a curare al Nord con il cuore in gola ma convinti che solo lì possano avere maggiori speranze di guarigione. Dei pendolari alle prese con treni lumaca. Delle mamme calabresi e siciliane che non studiano e non lavorano perché devono badare ai loro bambini in città dove non esistono asili nido o servizi per l’infanzia. Dei giovani che hanno chiesto il Reddito di Cittadinanza perché in fondo non possono ambire ad altra forma di sostentamento. Delle mafie che dalla povertà e dai bisogni traggono manovalanza per incrementare il loro esercito e fare affari al Nord.
Il volume descrive cosa significa davvero essere oggi un cittadino nel Mezzogiorno. In questi mesi terribili nei quali ha imperversato il coronavirus nel nostro Paese, gli autori si sono accorti, ad esempio, che la spesa per investimenti nel comparto sanitario tra il 2000 e il 2018 è stata in media di 25 euro per abitante nelle regioni del Sud continentale contro i 75 euro delle regioni del Nord-Est. Che negli ultimi anni vi è stato un progressivo scivolamento verso il basso dagli standard di servizi pubblici nazionali ed europei. E hanno individuato in questo il “nuovo” divario Nord- Sud degli anni ’20 del Duemila: ancora prima e ancor più che differenza negli indicatori economici, è disuguaglianza nelle condizioni di vita.
Bianchi e Fraschilla individuano in un Patto tra Nord e Sud, già urgente in tempi di normalità, la condizione necessaria se davvero non si vuole dividere il Paese in maniera definitiva. Con un Nord che sempre più a fatica cercherà di viaggiare alla stessa velocità del resto dell’Europa e un Sud sempre più distante da tutto e tutti.
C’è un solo modo per evitare una tale narrazione della “storia futura” del nostro Paese: l’apparato produttivo del Nord va supportato per evitare che si spenga il motore della crescita italiana, per la verità da tempo meno roboante di altri motori del Nord Europa. Ricordando che c’è un pezzo di Paese che ha il motore spento da tempo e va riacceso. Un racconto che smentisce la vulgata di un Sud inondato di risorse ma che al tempo stesso evidenzia i disastri della classe dirigente recente e passata. La Costituzione, ricordano gli autori, detta dei principi comuni di cittadinanza in materie come l’istruzione, l’accesso alle cure sanitarie, l’assistenza sociale, le pari opportunità, la possibilità di fare impresa. Principi che oggi non sono rispettati in maniera omogenea nel Paese.