«Le cifre sull’ammontare delle estorsioni pubblicate dai giornali? Mi sembrano sovrastimate». È una lettura diversa dei fatti raccontati in questi giorni concitati quella che arriva da Gaetano Paci, uno dei tre magistrati (gli altri sono Domenico Gozzo e Francesco del Bene coordinati da Alfredo Morvillo) che ha lavorato alle indagini scaturite nell’arresto di Salvo e Sandro Lo Piccolo (latitanti dal 1983)e di altri due boss di primo piano. Paci, 42 anni, in magistratura dal 1991, dava la caccia a Lo Piccolo dal 1996. Sa di avere in mano elementi decisivi per capire le dinamiche della cosca di San Lorenzo e dell’intera Cosa nostra palermitana al cui vertice, dopo l’arresto di Bernardo Provenzano avvenuto il 12 aprile dell’anno scorso, si era insediato Lo Piccolo.
Dottore, avete in mano il libro mastro della cosca Lo Piccolo. Cosa emerge? Ci sono i nomi dei colletti bianchi, dei professionisti di cui si parla?
Questo non lo possiamo dire. Posso dire che ci sono tantissimi nomi e tanti elementi che riguardano gli imprenditori collusi e i favoreggiatori del boss. Cresce il materiale sul reticolo di interessi di Lo Piccolo e si aggiunge al materiale già acquisito in altre operazioni giudiziarie più o meno recenti.
Il capo della sezione Catturandi della questura di Palermo Cono Incognito ha detto che sono in arrivo altre operazioni. Vi preparate al repulisti?
Stiamo analizzando tutti gli elementi che abbiamo acquisito con l’operazione di lunedì scorso. Ed è chiaro che abbiamo tutta l’intenzione di andare avanti su questa linea.
Si è detto nei mesi scorsi che alcuni attentati o addirittura omicidi potessero essere il frutto di una sorta di “marketing interno a Cosa nostra”. Insomma, in una situazione di vuoto di potere, c’è chi si fa avanti sparando. Non temete che oggi questo fenomeno si possa acuire facendo aumentare la violenza?
Il vuoto di potere determina sicuramente una corsa a prendere il posto di chi è finito in carcere. Ma è ancora un po’ presto per dire cosa succederà dopo l’arresto di Lo Piccolo.
Anche se in parecchi dicono che possa già essere Matteo Messina Denaro il successore a capo di Cosa nostra.
Ho già avuto modo di dire che non credo alla possibilità che Matteo Messina Denaro, che è della provincia di Trapani, possa arrivare al vertice di Cosa nostra.
È stato scritto in questi giorni che migliaia di persone, a libro paga della cosca, quest’anno non avranno la tredicesima. Sono vere quelle cifre?
Per usare un eufemismo direi che si tratta di cifre sovrastimate. Mi sembra un’evidente esagerazione.
Lunedì, nel corso della conferenza stampa dopo l’arresto dei boss lei ha detto che è «stato merito» di tutto l’ufficio. Un modo chiaro per chiudere le polemiche dopo le chiacchiere sul processo Cuffaro.
Ma mi sembra evidente: guai a scadere in questi personalismi inutili. La cattura di Lo Piccolo è avvenuta per merito di tutta la Procura, di tutta l’antimafia.
Nino Amadore