Con la crisi economica i commercianti non hanno più soldi per pagare il pizzo e dunque la mafia non riesce più a raccogliere i soldi necessari a mantenere i detenuti: il pericolo è che cresca il numero di pentiti spinti sulla via della collaborazione a causa del bisogno economico. Il dato emerge dall’operazione Gotha 4 condotta congiuntamente da carabinieri e polizia che hanno eseguito in varie località della provincia di Messina un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale peloritano il quale ha accolto la richiesta della procura distrettuale antimafia: arrestate 35 persone indagate per associazione mafiosa, estorsione, rapina, omicidio, detenzione di armi e munizionamento.
Alla base delle indagini le dichiarazioni di Carmelo Bisognano, boss dei barcellonesi “Mazzaroti”, Alfio Giuseppe Castro e Santo Gallo. A minare il sistema e la riorganizzazione delle varie cosche, “decapitate” dei loro capi storici (molti al 41 Bis), anche le denunce di diversi imprenditori dell’hinterland barcellonese, tenuti sotto il giogo delle estorsioni.
Denunce che hanno portato in carcere vari esponenti mafiosi, tra questi Salvatore Campisi, arrestato nell’aprile del 2012 nell’ambito dell’indagine “Mustra”, le cui successive dichiarazioni hanno consentito ai carabinieri di far luce sui nuovi assetti storici del sodalizio e su alcuni fatti di sangue recenti, come i due tentati omicidi ai danni del capo mafia Carmelo Giambò, avvenuti il 22 Agosto 2010 e il 3 Marzo 2011, e di chiarire l’omicidio di Ignazio Artino.
Di quest’ultimo delitto, avvenuto il 12 aprile 2011, Campisi si è autoaccusato sostenendo di essere stato supportato da Carmelo Maio detto “Spillo” ed altri.
Sui nuovi assetti, la polizia ha ricostruito che il settore estorsioni ai danni dell’imprenditoria dell’area di Mazzarrà S. Andrea sarebbe stato gestito da Massimo Giardina, Salvatore Italiano e Salvatore Artino, che hanno sostituito Carmelo Bisognano, Tindaro Calabrese e l’assassinato Ignazio Artino. In particolare le indagini hanno rilevato un diverso atteggiamento da parte delle vittime delle estorsioni: la collaborazione di alcuni imprenditori e la reticenza di molti altri. Particolare l’attività nel ramo estorsivo — secondo quanto evidenziato dalle indagini — del gruppo del clan di “San Giovanni”, dal nome dell’omonimo quartiere, già diretto da Ottavio Imbesi fino al momento del suo arresto, avvenuto il 30 Gennaio 2009 nell’ambito dell’operazione “Pozzo”.
Ma c’è un settore che ha mostrato nuovo interesse tra i clan del barcellonese: il traffico di sostanze stupefacenti che, fino a pochi anni fa, non destava gli interessi mafiosi; settore, questo, promosso — a detta degli investigatori — da Francesco Aliberti e Giuseppe Antonino Treccarichi.
Dall’indagine “Gotha 4” emerge uno scenario caratterizzato da una marcata instabilità degli equilibri criminali, nel cui ambito è stato possibile collocare anche i più recenti omicidi di Giovanni Isgrò, ritenuto vicino a Giovanni Perdichizzi e a Lorenzo Mazzu’, e dello stesso Perdichizzi.
Sul conto di Perdichizzi l’attività investigativa ha consentito di accertare che causa della sua morte sarebbe stata la mancata consegna dei proventi estorsivi al sodalizio mafioso, violando così una delle sue regole fondamentali.
Le indagini sviluppate dai carabinieri in seguito all’omicidio Perdichizzi hanno consentito di rilevare la presenza sulla scena del crimine di Salvatore Cuttone, amico fidato di Perdichizzi, il quale, individuato dopo alcuni giorni fuori dal barcellonese, avrebbe poi deciso di collaborare con la giustizia. Cuttone, peraltro, ha permesso a polizia e carabinieri di recuperare armi occultate in un terreno di sua proprietà in località Acquaficara di Barcellona, alcune delle quali modificate e ad alto potenziale offensivo, su richiesta di Alessandro Crisafulli e per conto di Ottavio Imbesi, fornendo ulteriore riprova della ferocia e della pericolosità del sodalizio barcellonese. «Questa operazione – ha commentato il procuratore di Messina Guido Lo Forte – è andata oltre ogni previsione anche grazie alla denuncia degli imprenditori che sempre più numerosi collaborano con la giustizia».