Scavare dentro le parole per poterne restituire il loro senso primigenio, il loro significato più profondo. Un lavoro titanico, si direbbe, soprattutto quando si tratta di parole siciliane la cui forza (a volte debolezza) e nel non avere un senso preciso, un significato unico e totalitario: servono, a volte, per dire e non dire nella consapevolezza che il vero senso al discorso lo danno le mani, gli sguardi, un piccolo movimento del viso.
Un lavoro titanico cui si è dedicato e si dedica lo scrittore Francesco Federico con il suo Manuale del perfetto siciliano edito da Armando Siciliano Editore e ora arrivato al terzo volume: “È un modo divertente per riportare e ricordare quei vocaboli dimenticati o poco usati, di tutta la Sicilia. Una sorta di dizionario siciliano/italiano che eseguito alla lettera, alla fine, porterà il lettore ad essere un siciliano praticamente perfetto” spiega Francesco. Non pensate a un libro di letteratura palloso ma a un genere nuovo, un racconto o non so altro, che indaga sul senso delle cose che facciamo, che un siciliano fa. Una indagine ironica e divertente: l’obiettivo è arrivare con il quarto volume a 800 parole.
“Il primo volume è dedicato a Salvo Caramagno (pittore catanese col quale collaboro da più di dieci anni per le copertine dei miei libri) e all’interno ci sono 15 foto delle sue opere – spiega Francesco Federico -. Il secondo volume è dedicato alla fotografia. Abbiamo scelto 15 fotografi, professionisti e non – rigorosamente siciliani – che hanno immortalato in 15 scatti, 15 aspetti della nostra isola. Il terzo volume, quello appena uscito, è dedicato alle donne. Perché ci sono cose che solo una donna può fare. Ad esempio: una siciliana non partorisce, una siciliana 1accatta. Un siciliano questo non lo può fare … può accattare questo sì, inteso come comprare e infatti io l’ho scritto”.