Agromafie, “indaga” la commissione Agricoltura del Senato

Collaborare con la commissione Agricoltura del Senato per individuare soluzioni e presentare proposte da avanzare al Governo e al Parlamento sulla delicata questione dell’agroalimentare italiano. È questo l’invito che il Presidente Roberto Formigoni ha rivolto al Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, al termine dell’audizione che si è svolta mercoledì scorso nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle frodi nel settore alimentare.
L’audizione di Fara è stata incentrata sul secondo rapporto Agromafie, realizzato grazie alla collaborazione con la Coldiretti e le Forze dell’Ordine, e su ciò che sta accadendo attorno al comparto agroalimentare italiano la cui straordinaria tradizione è sempre più messa a rischio dalle organizzazioni criminali capaci di intercettare e di approfittare, soprattutto in questo lungo periodo di crisi economica, di quei vuoti nella legislazione nazionale ed europea che indeboliscono il comparto.[banner network=”altervista” size=”120X600″ align=”alignleft”]
Il Presidente dell’Eurispes nel corso del suo intervento ha fatto un breve excursus alcuni dei temi più rilevanti del Rapporto, focalizzando l’attenzione su alcuni fenomeni in particolare: la capacità delle mafie di intervenire sull’intera catena agroalimentare dalla produzione alla distribuzione, i rischi per la salute e per l’economia che ciò comporta, il depauperamento del marchio “Made in Italy”, il grande lavoro effettuato dalle Forze dell’ordine nel nostro Paese che fanno da contraltare agli scarsi controlli, le contraddizioni e i tanti vincoli dell’Unione europea.
Fara si è quindi soffermato sulla questione del cosiddetto Italian Sounding, che genera un business di almeno 60 miliardi di euro l’anno e che consiste nell’imitazione e falsificazione dei prodotti italiani operate da aziende straniere o anche spesso da aziende italiane che, attraverso la delocalizzazione e l’utilizzo di materie prime “altre”, sfruttano con richiami semantici e visivi il brand italiano. Questo fenomeno, come segnalato nel 2° Rapporto sulle Agromafie, registra ora una ulteriore sofisticata evoluzione: non si investe più solamente sulla creazione all’estero di pseudo-aziende che imitino i nostri prodotti, ma si acquisiscono direttamente antichi e prestigiosi marchi legati alla storia e alla cultura dei nostri territori, li si svuota dei contenuti di sapienza, di conoscenza, di tradizione, di qualità e attraverso di essi si veicolano e si commercializzano produzioni dall’origine incerta, ambigua e spesso pericolosa, così come spesso incerta, ambigua e pericolosa è la stessa provenienza dei capitali impiegati nelle acquisizioni. Siamo passati quindi dall’Italian sounding all’Italian laundering con pezzi interi della nostra economia ormai utilizzati per il lavaggio del denaro sporco.
Basterebbe, per rendersene conto, pensare ai diversi e spesso non del tutto comprensibili passaggi di mano nel controllo di importanti aziende. Prima comprate, poi rivendute, poi ancora ricomprate. Troppi giri e troppe alchimie per non lasciarsi prendere dall’ombra del sospetto. Particolare attenzione ha suscitato inoltre l’esposizione del Presidente dell’Eurispes sulla questione relativa all’olio extravergine d’oliva. L’“oro giallo”, di cui incredibilmente l’Italia è il maggior importatore al mondo, nonostante la presenza di marchi storici, ormai di italiano ha ben poco e spesso il prodotto che viene imbottigliato è frutto di lavorazioni al limite della legalità. «Il business delle agromafie sottrae all’economia italiana circa 14 miliardi di euro l’anno – ha sottolineato Fara –. Le organizzazioni criminali hanno da sempre dimostrato, e continuano a farlo, di avere occhio lungo e un gran fiuto per gli affari: il loro interesse in questo settore risale ormai a decenni fa ed è in continua evoluzione. Il comparto agricolo è un ‘settore freddo’ nel senso che assicura guadagni costanti nel tempo e non conosce crisi perché la gente deve pur sedersi a tavola per mangiare, quindi rappresenta per così dire un investimento ‘sicuro’. Per combattere questo fenomeno così come le altre problematiche che stanno mettendo in ginocchio il settore agroalimentare e a rischio la salute dei cittadini le soluzioni ci sarebbero. A partire da una presa di posizione forte del nostro Governo: “battere i pugni sul tavolo” in Europa affinché i prodotti siano finalmente tracciabili attraverso l’etichettatura e venga tutelato il diritto di ogni consumatore alla libertà di scelta nell’acquisto. La scarsa trasparenza attuale sui prodotti non fa altro che offrire nuove opportunità a chi opera in maniera illegale.
Il tema è quello della consapevolezza dei cittadini. Attorno alle nostre tavole si siede un convitato di pietra, rappresentato dalle Mafie attratte dalle opportunità offerte dall’agroalimentare. Nel mondo globalizzato l’identità e il territorio diventano il punto di forza di un paese. Non dobbiamo disperderci in produzioni nelle quali non siamo specializzati, ma puntare tutto sui nostri asset come l’arte, il cibo di qualità, la tradizione, il settore del lusso. Gli italiani iniziano a guardare all’Europa purtroppo con ostilità. Le attese nei confronti dell’Unione erano quelle di un’Europa politica e dei popoli, e invece ci ritroviamo solo con l’Europa dell’euro e della finanza. Infine – ha concluso Fara – segnaliamo come l’attività di repressione dei fenomeni illegali legati all’agroalimentare dovrebbe essere supportata da una normativa più seria, mentre invece stiamo assistendo a forme di depenalizzazione striscianti delle diverse fattispecie che fanno da corollario alla contraffazione degli alimenti».
Il presidente Fara, dopo aver ringraziato il presidente Formigoni e la commissione Agricoltura del Senato per aver dato all’Eurispes l’opportunità di esporre i risultati del Rapporto e per l’invito a collaborare, ha anche sottolineato l’importanza, emersa dagli interventi dei senatori, della forte coesione di intenti, che mostra, indipendentemente dalle singole posizioni politiche, come questa Commissione abbia profondamente a cuore le sorti dell’agroalimentare italiano. Una sensibilità di cui questo settore così vitale per il nostro Paese ha profondamente bisogno».