A Palermo, un signore in maglietta rossa infila via Ugo La Malfa – quartiere San Lorenzo, a un passo dall’ospedale “Cervello” – e piazza un foglio di carta sopra la targa che la intitola al leader repubblicano. “Virtualmente”, la strada è stata appena ribattezzata via Giuseppe Di Matteo: sì, per ricordare il ragazzino palermitano assassinato e poi sciolto nell’acido dal capobastone Giovanni Brusca ad appena 13 anni per punire atrocemente il padre Santino della sua collaborazione con la Giustizia, piccola vittima da non dimenticare anche perché, si legge, «i bambini sono sempre innocenti».
È questo il senso del blitz toponomastico antimafia scattato stamattina in strade, piazze e viali d’Italia su impulso dell’associazione daSud: ridisegnare una “mappa stradale della memoria” affinché il sacrificio delle troppe vittime innocenti delle mafie non vada disperso in un ingiusto oblio.
Giusto ieri a Reggio Calabria la cantante Marina Rei aveva presentato insieme al portavoce nazionale dell’associazione Danilo Chirico e a vari esponenti politici e della Cgil La lunga mappa della memoria. Appendice della Lunga marcia della memoria – quest’anno alla sua seconda edizione: quella d’esordio produsse vari “murales antimafia” e il restauro di quello dipinto nel ’78 a Gioiosa Jonica per ricordare il mugnaio Rocco Gatto, assassinato dalle ‘ndrine cui osò ribellarsi –, la Lunga mappa richiede ai suoi partecipanti giusto un pc, una stampante, un foglio di carta. Ed ecco un pensiero da dedicare a una vittima della camorra o a un innocente ucciso dalla Sacra corona unita, nell’arteria-chiave di una metropoli o nel vicoletto sotto casa poco importa, affinché la ruggine nel tempo non li uccida due volte.
Subito on-line la cartina con le intitolazioni e la fotogallery che mostra i tanti “no” al crimine organizzato. Così a Bologna via del Pratello (la celebrata “via degli artisti”) diventa via Gianluca Congiusta, in omaggio al giovane imprenditore ammazzato a Siderno; nella Capitale, via di Pietralata si trasforma in via Antonino Scopelliti (il magistrato assassinato nella “sua” Campo Calabro, nell’agosto ’91, per non aver “aggiustato” il maxiprocesso alla mafia siciliana). A Torino, via Palazzo di città vanta una “seconda intitolazione” a Peppino Impastato, trucidato per volontà del congiunto “don” Tano Badalamenti che lui sbeffeggiava via radio come “Tano Seduto”. Ma rispondono all’appello anche centri minuscoli come Canolo, 900 anime nel cuore della Locride: in via IV Novembre una targa di carta ora ricorda il sacrificio di Rita Atria, la testimone che si suicidò dopo l’assassinio di Paolo Borsellino, il pm cui svelò tanti segreti di Cosa Nostra.
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