Nonostante si trovasse al carcere duro, il 41Bis, l’imprenditore Tommaso Coppola, 69 anni, ritenuto dagli inquirenti “uno dei più importanti referenti del mandamento mafioso di Trapani”, dava ordini per eseguire una serie di operazioni sugli assetti societari delle sue aziende per evitare eventuali sequestri. È uno dei retroscena dell’operazione antimafia Cosa nostra resorts, che ha portato in carcere 8 persone, mentre una nona, cioè lo stesso Coppola, è stata raggiunta da un’ordinanza da detenuto. In particolare lo scopo di Tommaso Coppola sarebbe stato quello di “percepire indebitamente ingenti finanziamenti nazionali e regionali nel settore turistico-alberghiero”, come sostengono gli inquirenti.
È stata accertata progressivamente una serie di operazioni “di cessione artificiosa di quote, pianificata grazie a consulenti contigui alla mafia, come Francesco Mineo, finalizzata ad occultare il ruolo nelle stesso societá di Tommaso Coppola”. L’imprenditore avrebbe intestato fittiziamente delle quote della sua societá, anche se continuava ad avere il potere gestionale diretto e un interesse primario nelle attivitá imprenditoriali riferibili alle sue stesse societá “tanto da essere in grado di incidere -spiegano gli inquirenti- anche tentando di condizionare settori politici ed istituzionali, a livello locale, regionale e nazionale, su ogni strategia imprenditoriale futura”. A fare da tramite con Coppola e l’esterno sarebbe stato il nipote dell’imprenditore, Onofrio Salvatore Fiordimondo, 31 anni, finito in carcere, ma anche imprenditori ritenuti “fidati”, tra cui Vito Virgilio e Francesco Maggio, vicesindaco del comune di Valderice. Coppola avrebbe impartito dal carcere direttive ai suoi prestanome per interpellare “un esponente politico locale (il senatore Antonio D’Alì) – sostengono gli inquirenti- affinchè questi contattasse un parlamentare nazionale per richiederne l’intervento sugli amministratori giudiziali della ditta Calcestruzzi Ericina, azienda confiscata al boss mafioso Vincenzo Virga, per fare in modo che gli amministratori dell’impresa controllata dallo Stato continuassero ad acquistare gli inerti necessari alla produzione di conglomerato cementizio presso una societá che era stata giá individuata in un’altra indagine e che era riconducibile a Coppola».
Dalle intercettazioni emerge che Coppola ordina al geometra Vito Virgilio e all’ex vice sindaco di Valderice, Camillo Iovino di contattare il senatore D’Alì «affinchè perorassero la Siciliana inerti e bituminosi srl per una fornitura di inerti per i lavori del porto di Castellammare del Golfo«. I rapporti fra il politico e l’imprenditore erano già emersi da altre inchieste su mafia e appalti.Proprio sulle forniture della Siciliana inerti bituminosi si apprende dalle intercettazioni che Coppola avrebbe sempre fatto riferimento, attraverso altre persone, all’ex sottosegretario all’Interno, per farlo intervenire anche sul prefetto di Trapani affinchè un’azienda sequestrata alla mafia continuasse a servirsi del materiale fornito dalla società dell’imprenditore arrestato.
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