Nel giorno in cui per ricordare Pio La Torre tutti si preoccupano di indicare una strategia piu’ efficace e piu’ mirata nella lotta alla mafia, un’indagine rivela che tra i giovani di Palermo serpeggiano pessimismo e diffidenza. Addirittura allarmante il giudizio secondo il quale la mafia sarebbe piu’ forte dello Stato.
I dati che svelano una percezione cosi’ inaspettata vengono snocciolati dagli stessi autori della ricerca, coetanei degli intervistati, dal palco del teatro Politeama dove siedono tra gli altri il ministro Giuliano Amato, il presidente della Commissione antimafia Francesco Forgione, il procuratore di Palermo Francesco Messineo. Emanuela Sala e Laura Magna, seduti accanto a loro, spiegano che nella loro scuola, il liceo classico ”Giovanni Meli”, alcuni studenti coordinati dai professori Isabella Albanese e Fabio D’Agati hanno promosso un sondaggio tra i compagni divisi in due gruppi: uno ”sperimentale” e l’altro di ”controllo’. In tutto 173 ragazzi ma con una maggiore rappresentanza femminile (il 60 per cento circa).
Tra le domande ce n’era una che si proponeva di definire il modo in cui i giovani del campione si pongono davanti allo Stato e a Cosa nostra. E’ piu’ forte l’uno o l’altra? E’ piu’ forte la mafia, ha risposto il 66,7 per cento del gruppo ”sperimentale” e addirittura il 71,9 di quello di ”controllo”. Solo il 17,9 del primo e il 12,4 del secondo si e’ detto convinto della supremazia delle istituzioni. C’e’ poi una fascia grigia che non riconosce maggior forza a nessuno, il 4,7 non sa e il 5,2 non risponde. Dati che impressionano la platea del teatro Politeama, tra l’altro affollata da tanti giovani che evidentemente credono ancora nella possibilita’ di sconfiggere il potere mafioso. E gli stessi autori del progetto di ricerca avvertono subito il bisogno di cercare, nelle risposte dei loro compagni, una chiave possibile di interpretazione. ”Abbiamo trovato che lo Stato democratico appare debole perche’ permette alla mafia di esistere. Lo Stato, secondo molti, viene facilmente sconfitto dalla mafia perche’ e’ colluso, se non identificato, con la stessa mafia”. ”Forse – riflettono ancora gli autori della ricerca – abbiamo bisogno di conoscere meglio la storia dell’antimafia e dei traguardi finora raggiunti”.
E solo cosi’ si puo’ forse ”correggere” l’impatto scoraggiante delle risposte. In chiave ottimistica gli ragazzi ammettono che il concetto di ”debolezza” dello Stato puo’ essere spiegato con il prezzo elevato ”pagato per combattere contro un nemico nascosto ma ben organizzato”. Altri risultati del sondaggio rivelano comunque la consapevolezza che la mafia condizioni molto (40,8 per cento) o abbastanza (83,6) la vita di un giovane palermitano. Per il 23 per cento invece poco e per il 14,9 per nulla. Ma con chi parlano di mafia questi ragazzi? Tra di loro poco: solo il 28,8. Ne discutono di piu’ in famiglia (32,9) ma soprattutto con i docenti (34,1).
Scuola e famiglia vengono cosi’ individuate come le agenzie educative per eccellenza che dovrebbero aiutare i giovani a prendere coscienza che tra mafia e Stato non puo’ esserci partita.
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