PALERMO – Un solo dato: la Sicilia potrebbe chiudere il 2013 con una flessione del Pil del 3,8 per cento. Basta questo per dare il senso della drammaticità della situazione dell’isola così come certificata dal rapporto sulla congiuntura curato dalla Fondazione Res di cui è coordinatore scientifico e ora anche vicepresidente Pier Francesco Asso e presentato a Palermo alla presenza del ministro per la Coesione territoriale Carlo Trigilia che della Fondazione è stato creatore e ne è presidente. [banner network=”altervista” size=”468X60″ align=”aligncenter”]I dati, rappresentati da Adam Asmundo, sono molto più che drammatici per la Sicilia: «La domanda delle famiglie è in calo del 3,2%, mentre gli investimenti in macchinari e attrezzature potrebbero diminuire del 4,5%. Il tasso di disoccupazione potrebbe raggiungere un nuovo massimo storico al 20,4 per cento». Numeri che fanno rimanere attoniti gli ospiti della Fondazione (il direttore della sede palermitana di Banca d’Italia Giuseppe Arrica, il presidente della Camera di commercio di Palermo Roberto Helg e il preside della facoltà di Economia Fabio Mazzola) e che il presidente della Fondazione Sicilia Gianni Puglisi non esita a definire da «tragedia. Per esempio nel caso dei consumi delle famiglie il calo è del 22,3% ma si registra l’aumento delle spese per l’istruzione (del 4,9%) e per l’acquisto di bevande alcoliche, tabacco e narcotici (del 3,8%). In pratica si cerca di garantire un futuro migliore ai propri figli investendo nella loro formazione e ci si stordisce in attesa di tempi migliori».
L’aria è da grande depressione e in fondo quello è il costante riferimento di tutti gli interventi: persino l’export di prodotti petroliferi di solito positivo registra un calo del 18,8 per cento.
Sul banco degli imputati la Regione siciliana, con il suo bilancio ingessato e l’incapacità di utilizzare i fondi Ue: servono 300 passaggi burocratici per spendere anche un solo euro mentre dovrebbe spendere 130mila euro l’ora, 100 milioni al mese da qui alla fine dell’anno per impedire il disimpegno dei fondi. Tema affrontato dal ministro nel corso dell’incontro avuto con il presidente della regione Rosario Crocetta l’altroieri: avviato il lavoro per evitare il disimpegno. L’importante ora, ha spiegato il ministro, è riuscire a «tenere in vita il malato» e per farlo, contrastando la «recessione occorre mettere in campo le risorse disponibili in funzione anticiclica». Come? Utilizzando le «risorse a rischio disimpegno: ci sono 4-5 miliardi che possono essere destinati all’occupazione, alle imprese e allo stimolo delle economie locali. Penso che prima della pausa di agosto riusciremo a riattivare queste risorse canalizzandole verso le imprese e in particolare per il rafforzamento del credito sia con il fondo di garanzia che rafforza i confidi. Ma anche con una riedizione di quella che fu la legge Sabatini». Ma è anche vero che mancano sei mesi all’avvio della prossima programmazione e che bisogna evitare gli errori del passato. Trigilia punta sulla responsabilità: «È il caso di individuare meccanismi per sanzionare chi non è stato capace di gestire bene le risorse magari provocando un disimpegno». Quali possano essere gli strumenti si vedrà: una strada potrebbe essere quella di penalizzare nell’attribuzione delle risorse le regioni che non sono state capaci di spendere bene i fondi. «Bisogna riorganizzare il sistema di governance e intervenire sulla bassa capacità di spesa – ha detto Trigilia – : dobbiamo mettere in campo una strategia chiara, evitando la frammentazione dei centri di spesa».
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