di Nino Amadore
L’attività antimafia della Confindustria e della Camera di commercio di Caltanissetta deve essere un modello per il paese: per gli imprenditori ma soprattutto per la classe politica, che dagli imprenditori deve prendere esempio espellendo le mele marce. È il senso del discorso pronunciato ieri nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario dal procuratore generale di Caltanissetta Roberto Scarpinato, al suo debutto in questa veste. Così l’azione degli imprenditori nisseni guidati da Antonello Montante, presidente della Confindustria e delegato dal presidente Emma Marcegaglia alla legalità, per la prima volta diventa un passaggio chiave nell’ambito dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Scarpinato espone un complesso ragionamento sulla situazione della criminalità organizzata oggi, del ruolo dei sistemi criminali in una società, quella nissena, che il giudice Giovanbattista Tona (presidente della locale sezione dell’Anm), citando il poeta Caproni, definisce «assediata dal subdolo vuoto che la circuisce». In platea ad ascoltare, oltre Montante, tra gli altri il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, ma anche Marco Venturi, già presidente della Piccola industria e oggi assessore regionale, e il segretario regionale della Cisl Maurizio Bernava. Siamo di fronte a una società in cui, dice Scarpinato, «sono numerosissimi i colletti bianchi appartenenti al mondo delle professioni, dell’imprenditoria, del mondo politico-amministrativo, che hanno rivestito e rivestono ruoli organici all’interno dell’organizzazione mafiosa. Si tratta di segmenti di classe dirigente collegata a segmenti di un ceto politico in buona misura ancora imbevuto di cultura dell’intermediazione parassitaria».
Scarpinato ricorda come l’azione degli imprenditori, sia servita a espellere dal sistema confindustriale un bel po’ di imprenditori ambigui e a sconfiggere con la «democrazia» un sistema di potere mafioso che si relazionava con la politica, la burocrazia, la classe professionale locale. Su questo retrotrerra, fatto di legalità debole, è stato costruito dalle imprese un modello fatto di regole e di innovazioni giuridiche attraverso i protocolli che ha portato legalità forte con barriere contro la mafia: «Qui – dice Scarpinato – è stata applicata la norma che prevede la sospensione dagli appalti per gli imprenditori che non denunciano il racket, poi recepita nella norma nazionale». Ma c’è di più nel discorso del Procuratore generale: chi vuol leggere la svolta di Caltanissetta, compresa la decisione presa qui di espellere da Confindustria i collusi e chi non denuncia il racket, come fatto meramente locale sbaglia di grosso perché questo è un modello utile a dare uno scossone ai vari sistemi criminali visto che ha già dato prova di poter «disarticolare un sistema di potere consolidato» il cui maggior rappresentante era l’ingegnere Pietro di Vincenzo (ma nessuno lo cita), arrestato nuovamente qualche mese fa. C’è un’altra gamba su cui la vera politica di sviluppo può camminare ed è quella dell’attrazione di nuovi investimenti, della creazione di posti di lavoro che servono a sottrarre manovalanza alla criminalità organizzata: «Approvare il disegno di legge che è stato presentato in Parlamento nel luglio 2008 per l’istituzione di una zona franca per lo sviluppo e la legalità nel territorio della provincia di Caltanissetta e nei comuni limitrofi delle province di Enna e di Agrigento».
E sulle stragi del 1992-1993, su cui indaga la procura antimafia di Caltanissetta guidata da Sergio Lari, Scarpinato dice: «È indispensabile che si crei una costante e perfetta sintonia istituzionale tra tutti gli apparati statali. Sintonia che purtroppo non sempre è rimasta costante».
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