La cronaca della presentazione a Stefanaconi del libro La Calabria sottosopra.
Un’analisi lucida e penetrante, un libro che non fa sconti alla Calabria né ai calabresi. Un’inchiesta a 360 gradi sui mali di una regione in balìa delle pressioni del malaffare, incapace di risollevarsi anche a causa della mancanza di una classe dirigente autorevole. Un’opera che, tuttavia, prova a fissare, in un quadro non del tutto desolante, i punti fermi sui quali la Calabria può far leva per avviare un nuovo percorso di crescita. È “La Calabria sottosopra”, ultima fatica del giornalista messinese de il Sole 24 Ore, Nino Amadore, volume che è stato presentato a Stefanaconi in un evento realizzato in collaborazione tra la Pro loco e l’associazione Io resto in Calabria.
Alla presentazione, presso l’anfiteatro di Villa Elena, hanno preso parte, oltre all’autore, autorevoli ospiti del calibro del procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Michele Prestipino, dell’imprenditore Pippo Callipo, del giornalista premio “Agenda rossa” Pietro Comito. Ai lavori, moderati dalla giornalista Stella Pagano alla presenza dell’editore Florindo Rubbettino, hanno dato il loro indirizzo di saluto anche il sindaco di Stefanaconi, Saverio Franzè, e i presidenti delle due associazioni partner nell’iniziativa, Anna Laura Orrico per Io resto in Calabria e Stefano Mandarano per la Pro loco di Stefanconi.
Il libro di Amadore, secondo Michele Prestipino, «non contiene solo i problemi ma indica anche le soluzioni. Due sono gli aspetti fondamentali – ha detto il magistrato siciliano – sui quali conviene concentrarsi per meglio affrontare i mali della Calabria: il lavoro e la famiglia. Il lavoro è lo snodo centrale, questione chiarissima anche per la ‘ndrangheta che il lavoro, soprattutto quello delle imprese impegnate nelle opere pubbliche, prova da sempre a controllarlo. Il dato che fa pensare – ha aggiunto – è che spesso sono le stesse imprese, anche quelle che vengono da fuori, a bussare alla porta delle famiglie di ‘ndrangheta. Lo fanno perché gli conviene. Ma questo è un comportamento criminale che crea un duplice danno: arricchisce la mafia e danneggia chi rispetta le regole. Bisogna punire con fermezza chi opera in questo modo, escluderli da questo terreno che non gli appartiene». Sulla famiglia: «c’è una Calabria straordinaria che non si vede, l’ho incontrata nelle scuole vedendo all’opera insegnanti e dirigenti straordinari che cercano d’interrompere la trasmissione del virus mafioso. È sui giovani che dobbiamo lavorare, non dobbiamo più essere spettatori, dobbiamo quotidianamente dire la nostra, imparare a scegliere, lavorare nel rispetto delle regole».
Per Pietro Comito «c’è una grande disinformazione sulla Calabria, c’è un racconto spesso mistificato che non rappresenta la realtà». Il giornalista ha rimarcato «la carenza di una classe dirigente e di un’opinione pubblica capace d’indignarsi» così come la latitanza di uno stato che «deve recuperare la sua credibilità, specie in alcune zone della regione». Sul nodo cruciale del lavoro si è espresso anche l’imprenditore Pippo Callipo, definendolo «uno degli anelli più forti che legano la ‘ndrangheta ai “prenditori” e alla mala politica». Complice di questa situazione lo scarso impegno istituzionale nel «combattere il lavoro nero, sottopagato e irregolare che, oltre ad essere una diseconomia, penalizza gli imprenditori corretti e calpesta la dignità dei lavoratori. Occorre – ha concluso – combattere con ogni mezzo le intersezioni tra malaffare e mondo imprenditoriale calabrese».
“La Calabria sottosopra”, per ammissione dello stesso autore nella premessa all’opera, è «un atto di riconoscenza nei confronti di una regione e dei suoi cittadini. Un atto di gratitudine nei confronti di un popolo capace, orgoglioso, di una terra povera che ha saputo affrontare con grande umiltà tutte le avversità. La Calabria di oggi rappresenta una scommessa che gli onesti devono provare a vincere perché è da questa vittoria che è possibile capire se siamo in condizione di recuperare alla normalità democratica e civile una classe dirigente che spesso si è persa affidandosi al malaffare, alle logiche criminali, alla corruzione».
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