Settembre 20, 2024

Trovo molto interessante, tra i vari articoli che fanno l’analisi del voto che ha sancito la vittoria di Silvio Berlusconi e della sua coalizione, l’analisi condotta dallo storico dell’economia Giulio sapelli in un’intervista rilasciata a Orazio Carabini del Sole 24Ore. Intervista che vi ripropongo per esteso. L’analisi di Sapelli può adattarsi anche alle elezioni siciliane. In  sostanza, mi sembra di capire, la sinistra non è stata e non è in grado di interpretare i bisogni del Paese. Forse perché troppo impegnata a interptretare i bisogni della propria classe dirigente? Raffaele Lombardo in Sicilia ha preso il doppio dei voti di Anna Finocchiaro e questo ha solo un significato: la gente non ha creduto alla proposta della splendida senatrice di Catania. Una proposta che già in campagna elettorale, per la verità, sembrava piuttosto debole.
Ecco l’intervista a Sapelli:
«Adesso è troppo facile dire che almeno al Nord si annusava perfettamente il netto successo di Berlusconi e l’exploit della Lega, ma bisogna riconoscere con franchezza che se la vittoria del Pdl è andata oltre le previsioni ciò è avvenuto perchè il Pd ha fatto di tutto per perdere: mi spiace dirlo, ma Prodi e Veltroni hanno commesso errori imperdonabili». Giulio Sapelli, torinese di nascita ma storico dell’economia alla Statale di Milano e intellettuale progressista di ispirazione cattolica, è impietoso nell’analisi del voto e parla senza peli sulla lingua. «Ci vorrà tempo per studiare a fondo i risultati elettorali ma credo che la vittoria del centrodestra abbia tre componenti fondamentali: la bocciatura del Governo Prodi, la debolezza progettuale e politica del nuovo Pd di Veltroni e la voglia del fare che soprattutto al Nord Berlusconi e Bossi hanno saputo interpretare meglio di altri. Semmai, quello che non mi aspettavo – ammette Sapelli – era un risultato così deludente dell’Udc e il crollo della Sinistra Arcobaleno». Per lo studioso piemontese «il primo handicap del Pd è stato certamente il governo Prodi, che si è scontrato con la riluttanza della destra italiana verso le liberalizzazioni e l’indisponibilità della sinistra a riformare sul serio il Welfare, non ha saputo affrontare in termini rassicuranti la questione cattolica e ha peggiorato la sua immagine con l’incapacità di gestire il problema di Malpensa. Però Veltroni non ha saputo recuperare sufficienti consensi perchè non è riuscito a cogliere le reali trasformazioni in corso e ha lanciato messaggi inadeguati privilegiando l’interclassismo rispetto al produttivismo e il giovanilismo più stucchevole rispetto alla meritocrazia, sottovalutando il federalismo e pretendendo sul piano etico di conciliare l’impossibile con la presentazione nella sua lista sia della Bonino che della Binetti. Era evidente che così il Pd non poteva andare da nessuna parte e poteva solo raccogliere i frutti di una crisi che viene da lontano e che da tempo ha travolto le ideologie. Da questo punto di vista bisognerà capire bene che cosa succede in Emilia. Sotto certi profili la sconfitta del Pd fa giustizia anche della retorica che si è addensata sulla cosiddetta questione settentrionale che, a mio avviso, altro non è che l’incapacità della sinistra di comprendere i cambiamenti economici e sociali del Nord dopo la crisi delle grandi fabbriche e di mettere in campo una limpida proposta di modernizzazione di respiro nazionale e di spessore europeo.
Ancora una volta si è pensato di sostituire la politica con le scorciatoie organizzative e con gli effetti d’immagine, che possono forse incuriosire ma difficilmente si traducono in consensi elettorali». Ma adesso che cosa succederà nel Pd? Ci sarà una resa dei conti che può far traballare la segreteria Veltroni? «Sul piano nazionale – risponde Sapelli – le polemiche e le tendenze centrifughe non mancheranno ma bisognerà vedere se e fino a che punto saranno compensate dal cemento del potere e dalla spartizione delle risorse che il partito conserva a livello locale».
Ma, dopo i risultati elettorali di ieri, che legislatura ci aspetta e come useranno la vittoria sia Berlusconi che Bossi? «Penso che, al di là della normale dialettica tra alleati, lo spirito di collaborazione prevarrà sulla conflittualità del passato, anche se la Lega farà valere la sua forza per spingere sul federalismo.
Ho l’impressione però che stavolta Bossi si spenderà soprattutto per incassare il successo anche sul piano locale e non mi stupirebbe che pretendesse la presidenza della Regione Lombardia e forse anche del Veneto. Per quanto riguarda Berlusconi credo che abbia chiaro che la strada del suo Governo sarà in salita perchè la situazione economica e finanziaria è difficile e che dovrà fare di necessità virtù. Penso proprio che i temi dell’economia torneranno al centro dell’agenda politica. Se il centro-destra vuole dimostrare di saper rilanciare l’Italia, almeno nei limiti che sono di competenza di un Governo, dovrebbe focalizzare la sua iniziativa sulle liberalizzazioni e sulle infrastrutture e fare ogni sforzo per attrarre i capitali esteri di cui abbiamo un grande bisogno.
Il che vuol dire: sì al federalismo e alla modernizzazione ma no al protezionismo. Sul piano delle riforme elettorali e istituzionali credo invece che convenga anche al Pdl aprirsi al confronto costruttivo con le opposizioni ed evitare inutili frizioni con il Quirinale». Se tutti i progressisti ragionassero come Sapelli forse il Pd avrebbe corretto il tiro per tempo e forse non sarebbe andato incontro alle delusioni che ha raccolto ieri.


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