“Abbiamo capito davvero cosa abbia rappresentato la P2 per l’integrità dello Stato? Ora bisogna riportare quei fatti all’oggi: è necessario ripercorrerli chiedendoci perché è andata in quel modo, se poteva andare in un modo diverso e soprattutto perché c’è stata una generale impunità”. Che l’Italia non abbia fatto i conti fino in fondo con la propria storia politica è convinta Stefania Limiti, autrice con Sandra Bonsanti di “Colpevoli. Gelli, Andreotti e la P2 visti da vicino”, edito da Chiarelettere.
Pubblicato in occasione dei 40 anni dalla scoperta della P2 (il 17 marzo del 1981, a Castiglion Fibocchi fu trovata la lista degli appartenenti alla loggia massonica deviata di Licio Gelli), il libro costituisce un resoconto appassionato e vivido di uno dei periodi più bui della storia della prima Repubblica, grazie alla testimonianza di Bonsanti, cronista che in quegli anni seguì in prima persona le indagini, e al lavoro di approfondimento di Limiti, anche lei giornalista, che permette di “legare i fili” di una vicenda così complessa anche dopo tanto tempo.
“La storia della P2 è stata scritta a caratteri farseschi, come se quella fosse solo un’associazione malandrina, che abbiamo dimenticato e sconfitto. Invece no, è una storia seria, rimasta impunita: dopo la P2, associazione eversiva che agiva nel segreto, l’integrità dello Stato non è stata più la stessa”, spiega Limiti intervistata dall’ANSA, “gli uomini dell’associazione erano ovunque, nella politica, nella magistratura, nella pubblica amministrazione, nelle forze armate. Sono tutti rimasti lì e non sono stati isolati”. Lo Stato “infedele e avvelenato”, le trame losche della P2 e le stragi di quegli anni, e poi “Belfagor e Belzebù, ossia Gelli e Andreotti”, come li soprannominò Craxi, il lavoro della Commissione Anselmi, accanto a tanti dettagli e ricordi personali, come il rinvenimento nell’agosto del ’74 assieme ai carabinieri di un deposito di tritolo sulla ferrovia dov’era appena avvenuta la strage dell’Italicus: nella prima parte del libro la testimonianza del lavoro sul campo svolto dalla Bonsanti è una narrazione vivida, pulsante, che restituisce il clima di quegli anni. Poi, in un racconto che prosegue agile, da cronista, Limiti aggiunge la ricostruzione vera e propria dei fatti, per “offrire nella seconda parte del libro un blocco di informazioni utile per comprendere quello che resta tra le pieghe di un ricordo e di una scrittura personale, per consentire anche a chi non la conosce di leggere la storia della P2”.
Dopo 40 anni, a che punto siamo arrivati? “Siamo messi ancora male: il rischio è che si perda il senso dell’antifascismo della nostra Costituzione”, afferma l’autrice, “dopo che è finita la Repubblica dei partiti, con la caduta del Muro di Berlino e l’ingresso nella nuova era, la frammentazione delle forze politiche e sociali è stata tale che si sono continuati a inserire negli affari pubblici gli interessi privati, economici e politici. Anche il berlusconismo con la sua dimensione affaristica ha frantumato il senso dello Stato. E oggi alcune inchieste della magistratura ci dicono che esistono gruppi della massoneria deviata e che il segreto massonico viene ancora utilizzato. Se una democrazia è frammentata è più fragile”.
“Si dice spesso che la prima Repubblica sia morta con Aldo Moro”, prosegue Limiti, “in uno dei passaggi del libro, Bonsanti scrive che in una conversazione a Piazza Navona con Craxi quest’ultimo le abbia rivelato che Licio Gelli partecipava alle riunioni ‘nelle stanze del Governo’ durante il sequestro Moro.
L’omicidio di Moro è stato gestito dunque all’esterno del gruppo dei sequestratori dagli uomini della P2″. Nel documentare il potere occulto, l’omertà, le connivenze i giornalisti avrebbero potuto fare di più all’epoca? E oggi, si fa troppo poco? “In passato i giornalisti hanno fatto molto: Sandra per esempio, maestra di giornalismo e passione civile, segue queste vicende dal ’74, è stata una testimone e ha subito minacce. All’epoca i giornalisti minacciati erano più soli, oggi invece a difenderli c’è Ossigeno per l’informazione. Va detto però che anni fa c’era un modo di lavorare diverso, con maggiore continuità. Ora invece la precarizzazione comporta la difficoltà a seguire gli avvenimenti con costanza e a rischiare individualmente di fronte a fenomeni la cui carica di violenza occulta può essere un rischio”.
Quanto interesse c’è oggi, magari tra i giovani, per una storia complessa come quella della P2? “Il tempo passa e riproporre le storie del passato è sempre più difficile. Oggi l’opinione pubblica non è più disinteressata o indifferente rispetto a ieri, ma è l’informazione a essersi ristretta. All’epoca c’erano molti più giornali: il pubblico è sempre disponibile ma lo è l’informazione?”, si chiede la giornalista, “i giovani hanno voglia di farsi un’opinione ma la scuola non è in grado di offrire una formazione in questo senso se queste cose poi non si studiano. Ci sono insegnanti che cercano di colmare le lacune ma è sempre uno sforzo individuale”.
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