I giornali hanno dato molto risalto nei giorni scorsi allo scontro tra il capo della Procra nazionale antimafia Pietro grasso e il capo della Procura di Palermo Francesco Messineo. Oggetto del contendere: l’organizzazione della procura palermitana. Ma gli spunti, nell’audizione del capo della Dna davanti alla commissione Antimafia, sono più di uno. A partire dalla mimesi della ‘ndragheta nell’economia legale. Una mimesi che, a mio parere, no può non essere favorita da esperti, da liberi professionisti. Dice Grasso: “Tornando alla ‘ndrangheta, abbiamo visto che nel comparto dei lavori pubblici la compartecipazione o la costituzione di società da inserire nel ciclo produttivo è fatta in modo da gestire tutte le fasi dell’appalto, dalla sua assegnazione fino alla realizzazione dell’opera e all’inserimento di attività di subappalti, forniture e quant’altro”. E poi aggiunge: “La ‘ndrangheta reinveste anche parte dei proventi illeciti in attività lecite. Questo avviene attraverso l’acquisizione di immobili, alberghi, complessi turistico-residenziali, tanto in Calabria quanto in regioni del centro e nord Italia e all’estero, attraverso imprese la cui titolarità formale risulta in capo a prestanome. Di qui la difficoltà di riuscire a dimostrare che determinati beni e investimenti siano effettivamente riconducibili alla cosca criminale. Anche questo è un discorso generale, che non vale solo per la Calabria, ma per tutte le organizzazioni criminali, che si servono sempre più dell’interposizione fittizia di prestanome”. C’è poi un’ampia parte del discorso dedicato al settore dei rifiuti. Ma di questo parleremo più avanti.
Scopri di più da Nino Amadore
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