REGGIO CALABRIA – Una cabina di regia composta da imprenditori compiacenti e boss della ‘ndrangheta governava il mercato dell’edilizia a Reggio Calabria. È stata chiamata in codice «Araba Fenice» l’operazione eseguita dalla Guardia di Finanza su mandato della Dda di Reggio Calabria contro 47 persone, tra cui noti professionisti e imprenditori arrestati perché accusati di collegamenti con la mafia, che svelato lo scenario in cui le principali cosche operanti nella città calabrese dello Stretto disegnavano strategie criminali ed affari illeciti. Gli inquirenti hanno contestualmente sequestrato 14 società e beni per un valore di circa 90 milioni di euro. Denunciate complessivamente 64 persone. All’alba i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria e del Gruppo Investigativo Criminalità Organizzata, con l’ausilio di uomini dello Scico di Roma, hanno eseguito gli arresti su tutto il territorio nazionale. Altre 17 persone sono state denunciate a piede libero.
[banner]Con il provvedimento cautelare, emesso dal gip del Tribunale di Reggio Calabria, le Fiamme Gialle hanno colpito un gruppo criminale composto dalla compartecipazione economica di diverse cosche reggine di ‘ndrangheta (Ficara-Latella, Rosmini, Fontana Saraceno, «Ficareddi», Condello, Micolò Serraino) dedito, in particolare, alla realizzazione e gestione di opere di edilizia privata, nonché responsabile dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni, abusivo esercizio dell’attività finanziaria, utilizzo ed emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, favoreggiamento, peculato, corruzione, illecita concorrenza ed estorsione, tutti aggravati dalle modalità mafiose. Le ordinanze colpiscono quasi tutte le principali cosche reggine, dai «Fontana-Saraceno», egemoni nella parte Nord della città, ai Ficara-Latella, dominanti nella parte Sud, passando dai Condello del quartiere di Archi ai Serraino-Rosmini-Nicolò e Lo Giudice e Audino, attivi nel centro cittadino. Le investigazioni avrebbero consentito di acquisire elementi in ordine all’esistenza di una «cabina di regia», dedita all’accaparramento di importanti lavori edili nella città di Reggio Calabria, tramite una serie di imprese, tutte legate, direttamente o indirettamente, alle più note famiglie di ‘ndrangheta operanti in città.
Le indagini, più in particolare, avrebbero svelato uno stretto legame tra la famiglia di imprenditori edili reggini, i Calabrò, nei cui confronti era inizialmente stata avviata l’attività investigativa, e Rocco Musolino, a seguito dell’interesse manifestato dalla famiglia Calabrò ad edificare un imponente complesso edilizio su un terreno di proprietà di Musolino, ricadente nel quartiere reggino di Ravagnese, territorio della cosca «Latella – Ficara». Il terreno fu stato concesso da Musolino in permuta con la contropartita del 24% degli immobili realizzati. Per il buon esito dell’affare nella zona di influenza di un’ altra cosca, comunque, Giacomo Santo Calabrò e il figlio Antonino, titolari della società «Edilsud s.n.c., si sarebbero consapevolmente serviti, per la fornitura di materiale ovvero per l’esecuzione di lavori edili, di soggetti economici risultati essere tutti legati alle varie cosche reggine operanti in città. (AGI)
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