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Morto don Ciccio Madonia, il patriarca della famiglia di Resuttana-San Lorenzo

Gli ultimi vent´anni della sua vita da boss li ha trascorsi in carcere ordinando delitti e gestendo affari. Insieme a tre dei suoi figli. Al Grand Hotel Ucciardone, ad aragoste e champagne, c’è rimasto fino alla terribile estate delle stragi. Poi è stato sempre carcere duro. Negli ultimi mesi, la malattia che lo affliggeva da tempo ha vinto la sua forte tempra. Don Ciccio Madonia, patriarca della mafia di Resuttana – San Lorenzo, se n´è andato nel reparto di terapia intensiva dell´ospedale di Napoli dove era stato ricoverato un paio di settimane fa con l´aggravarsi delle sue condizioni. A 83 anni, Francesco Madonia era ancora al regime del carcere duro, di quel 41 bis che proprio qualche giorno fa, su richiesta della Procura di Palermo, è stato ripristinato anche nei confronti di suo figlio Nino. E al carcere duro, sparsi nei penitenziari di massima sicurezza di mezza Italia sono gli altri due figli, Salvino e Giuseppe. L´unico libero, assolto dopo l´arresto per il traffico di droga del Big John, è il più piccolo della famiglia, Aldo il farmacista.
Il nome di Don Ciccio Madonia è risuonato per l´ultima volta proprio ieri mattina nell´aula della terza sezione della corte d´assise d´appello dove si sta celebrando il processo Tempesta. A parlare il pentito Salvatore Cancemi che svela i retroscena del delitto di un tale che «aveva trattato male un medico che si era rivolto a Don Ciccio Madonia che gli dovette fare la “cortesia”». Ma ieri mattina il corpo del vecchio boss di San Lorenzo era nell´obitorio del Policlinico di Napoli in attesa di essere trasferito a Palermo. Il questore Giuseppe Caruso ha già deciso che non autorizzerà funerali in forma pubblica. Toccherà invece ai giudici decidere se autorizzare o meno eventuali permessi ai tre figli detenuti al carcere duro.
Con Francesco Madonia se ne va un pezzo di storia della mafia palermitana, protagonista di tutti i più eclatanti ed efferati delitti, dall´omicidio di Piersanti Mattarella a quello del generale Dalla Chiesa, da quello di Ninni Cassarà a quello di Libero Grassi (ucciso da suo figlio Salvino), dal fallito attentati all´Addaura alle stragi di Capaci e di via D´Amelio. Una montagna di ergastoli e condanne sulle spalle.
È con Don Ciccio che i corleonesi di Totò Riina sottoscrivono il patto di ferro che consentirà loro la conquista di Palermo. Come contropartita Madonia chiede ed ottiene la “liquidazione” del vecchio padrino Saro Riccobono e di tutti i suoi uomini. Siede a pieno titolo nella commissione di Cosa nostra Don Ciccio e i suoi tre figli Giuseppe, Nino e Salvino entrano a far parte del gruppo di fuoco di Cosa nostra che firmerà quasi tutti i delitti decisi dalla Cupola. Sono introvabili i Madonia ma nell´87 a portare i carabinieri nel covo di via D´Amelio in cui si nascondono don Ciccio e Giuseppe è il più piccolo della famiglia, Alduccio. Nel covo viene trovato il famoso libro mastro del racket delle estorsioni di San Lorenzo gestito dai Madonia. Sono loro che mandano il “signor Anzalone” alla Sigma di Libero Grassi a chiedere il pizzo e sono loro a punire l´industriale per il suo rifiuto plateale, sui giornali e in tv. Dal carcere Francesco Madonia decide, tocca a suo figlio Salvino eseguire la condanna a morte in via Ariosto.

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