di Nino Amadore
“La mafia è tornata nei salotti buoni di Palermo da dove era uscita durante il regno dei corleonesi”. E’ il commento del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia a proposito dell’arresto di Giuseppe Liga, finito in mantette con l’accusa di essere il successore di Totuccio Lo Piccolo a capo del mandamento mafioso di San Lorenzo-Tommaso Natale.
Liga che era citato nella contabilità sequestrata a Salvatore Lo Picolo, accusato dai collaboratori di giustizia, ma continuava a dichiararsi estraneo a Cosa nostra. Lo ha fatto l’ultima volta in un’itervista rilasciata al periodico palermitano S nella quale ha cercato di spiegare che non solo era estraneo al sistema mafioso ma poteva addrittura essere vittima. Invece ieri l’architetto Giuseppe Liga a poco più di 4 ore dalla pubblicazione di quell’articolo è finito in carcere e con lui sono finiti in carcere altre tre persone. L’architetto è accusato, tra le altre cose, di tentata estorsione, estorsione e intestazione fittizia di beni. Ma la sostanza è un’altra: i militari del nucleo di polizia tributaria di Palermo dela Gdf hanno accertato come Liga, dopo la cattura del capomafia di San Lorenzo, fosse diventato il reggente del mandamento che fu dei Lo Piccolo. Sarebbe stato lui ad aver diretto il mandamento provvedendo alla gestione della cassa e alla raccolta del denaro delle estorsioni e lui avrebbe fatto numerosi incontri e riunioni con esponenti di spicco di altri mandamenti mafiosi. Insieme a Liga è stato arrestato Giovanni Angelo Mannino, della famiglia mafiosa di Torretta in provincia di Palermo e imparentato con Salvatore Inzerillo, boss ammazzato nella guerra di mafia degli anni Ottanta e appartenente ai cosiddetti Scappati, i mafiosi costretti a fuggire negli States per non cadere sotto i colpi dei corleonesi. Mannino sarebbe stato, secondo i magistrati della procura antimafia di Palermo il tramite tra la famiglia mafiosa di San Lorenzo-Tommaso Natale e gli Scappati: una pedina preziosa, secondo gli inquirenti, del progetto di far tornare in Sicilia gli scappati per ridare lustro a un’organizzazione criminale in decadenza. Secondo il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, che coordina il pool di magistrati che da anni si occupa degli fari della famiglia Lo Piccolo, Liga potrebbe essere l’ispiratore della strategia mafiosa della famiglia Lo Piccolo (insieme al padre Salvatore sono in carcere Calogero e Sandro). Liga, architetto e imprenditore, insieme a Marcello Trapani, avvocato e uomo di fiducia de famiglia oggi pentito, sarebbero due esponenti di una nuova classe dirigente criminale creata dai boss di San Lorenzo i quali, prima di essere arrestati (Salvatore e Sandro nel novembre 2007 mentre Calogero nel 2008) avevano avviato un processo di modernizzazione nella tradizione: le tecniche di professionisti esperti nel solco di regole antiche quali quelle della mafia. Ma Liga ha un altro grande ruolo ed è quello che gli si attribuisce grazie alle sue frequentazion politiche visto che era il responsabile regionale del Movimento cristiano lavoratori (a cui è stato sospeso) e in questa sua veste aveva contatti costanti con rappresentanti politici: è stato fotografato dagli investigatori mentre entra a Palazzo d’Orleans, sede del presidente della Regione sicliana nel cuore della campagna elettorale per le elezioni europee e dopo aver ricevuto una telefonata dalla sereteria del presidente. Era il giugno del 2009. Ferma, intanto, la reazione dell’attuale governatore Raffaele Lombardo e ha annunciato che si costituirà parte civile al processo.
Un plauso alla magistratura è arrivato da Marco Venturi, assessore alle attività produttive: «Un plauso agli investigatori della Guardia di Finanza, ai suoi vertici, per la brillante operazione eseguita in nottata a Palermo grazie alla quale sono stati assicurati alle patrie galere il nuovo presunto capo della cosca di Palermo, un insospettabile professionista con la passione per la politica, e suoi complici». «Lo stesso ringraziamento, doveroso e sentito – ha aggiunto Venturi –, voglio esprimere ai magistrati, palermitani e non, che ogni giorno dimostrano il loro senso del dovere e la loro volontà di sconfiggere la criminalità organizzata e Cosa nostra in particolare. Una battaglia che ci vedrà al loro fianco perché per avere la meglio su Cosa nostra occorre essere uniti, compatti e determinati. Gli arresti di oggi dimostrano che, nonostante i duri colpi inferti in questi ultimi anni, benché agonizzante, la piovra riesce a riorganizzarsi e pesca i suoi adepti anche tra insospettabili colletti bianchi che per interesse portano avanti le volontà dei bossì».
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