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Mafia e cattiva amministrazione, a Ciaculli dove ogni giorno muore la speranza dei palermitani onesti

Trent’anni dopo l’uccisione di Libero Grassi per mano della mafia siamo alle solite. Palermo in parte è cambiata e certamente in alcune zone della città la consapevolezza degli imprenditori è diversa: pronti a denunciare il racket mafioso o comunque non più disponibili a pagare.

Ma è pur vero che resistono sacche di rassegnazione o di collusione che è difficile sconfiggere. La retorica del ricordo non scalfisce chi è convinto di avere nell’estortore un solido alleato: non uno sfruttatore ma un “amico” che è disponibile al momento del bisogno. Nella città dei diritti negati, dell’ufficio complicazione affari semplici saldamente insediato ovunque (dal Comune di Palermo alla Asp) c’è chi ancora si illude di poter contare sugli amici degli amici. E’ una questione complessa, ovviamente, che il laico Libero Grassi aveva capito mandando a quel paese il geometra o chi per lui che si era presentato a chiedere il pizzo. Ma il pizzo è solo un aspetto di un fenomeno del genere: l’altra faccia della medaglia è il controllo del territorio e la gestione del consenso.  A volte lo Stato può farsi vedere senza impiegare eserciti e forze dell’ordine e così dare una speranza ai cittadini. Qualcuno in queste ore è tornato a parlare di Ciaculli, quartiere alla periferia della città più noto per essere stato il feudo incontrastato di Michele Greco, il Papa di Cosa nostra.

Ebbene a Ciaculli qualche anno fa (cinque d’anni fa) un ragazzino di 13 anni è stato preso in pieno da un’automobile che percorreva la via che porta a Gibilrossa, sulla provinciale che collega Palermo a Belmonte Mezzagno. Quel ragazzino stava andando a scuola e stava attraversando la strada, mi raccontano, per salire sull’auto del fratello. Da allora i cittadini di quel quartiere, di quel pezzo di città dove comandava il Papa di Cosa nostra e dove ancora oggi gli estorsori della mafia dettano legge, chiedono che siano installati dissuasori e totem per il controllo della velocità: il limite è di 30 chilometri l’ora ma le auto sfrecciano anche a 90 chilometri l’ora.

Lo Stato, che qui si palesa come Comune o Città metropolitana, ha fin qui messo in scena una disastrosa commedia dello scaricabarile. I cittadini aspettano con rassegnazione una risposta da parte delle istituzioni ma covano dentro la delusione per l’assenza dello Stato. In fondo vale sulla provinciale che esce da Ciaculli per inoltrarsi verso Belmonte Mezzagno lo stesso discorso fatto per il prefetto Dalla Chiesa 39 anni fa (era il 3 settembre 1982) : “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”. A Ciaculli la speranza dei palermitani onesti muore ogni giorno così come si spegne ogni giorno il cuore di quella mamma che ha perso il figlio per la mancanza di dissuasori contro l’alta velocità.      

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