Questa intervista all’ex presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci è stata realizzata alla vigilia dell’avvio del maxi processo alla cosiddetta Mafia dei pascoli a Messina. Lo diciamo subito per evitare equivoci. La pubblico perché credo sia un documento interessante ed eccezionale. Dà l’idea dell’uomo, di questo dirigente di banca che a un certo punto della sua vita si è ritrovato in un gioco grande, alle prese con il malaffare mafioso storico e radicato di quella parte della Sicilia e con il corollario di quel malaffare che è la calunnia, la delegittimazione.
Un venticello, quello della calunnia, che aveva l’obiettivo di diffondere sfiducia, minimizzare i fatti, circoscrivere l’impegno di Antoci ma non solo. In parte forse chi ha progettato il tutto è riuscito nel suo intento.
Si è arrivati al punto da mettere in dubbio l’attentato che quella notte di maggio di cinque anni fa, nel buio pesto di una statale di montagna, poteva trasformarsi in immane tragedia. Così, per fortuna, non è stato. Antoci è qui a riproporre il suo impegno e il 2 marzo si è presentato in aula per guardare negli occhi gli imputati del maxiprocesso alla mafia dei pascoli, a Messina. un processo figlio di un’inchiesta nata sulla base di ciò che lui, insieme ad altri, aveva posto a fondamento: quel protocollo diventato legge che punta a impedire l’assalto della mafia ai terreni e ai contributi pubblici dell’Unione europea. Mandanti e autori dell’attentato non sono stati ancora scoperti. Si vedrà. Un giorno, speriamo, capiremo se ci sono depistaggi, manovre o altro per impedire che la verità fosse scoperta.
Scopri di più da Nino Amadore
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