Prima le denunce contro il racket, poi quelle contro una pubblica amministrazione spesso e volentieri collusa con la mafia. E intanto i primi risultati: almeno 34 imprenditori agrigentini hanno denunciato il racket delle estorsioni, 18 di loro lo hanno fatto negli ultimi tre mesi e molti sono stati accompagnati in questura o dai carabinieri proprio da Giuseppe Catanzaro, il presidente di Confindustria Agrigento e vicepresidente di Confindustria Sicilia cui la mafia ha inviato nei giorni scorsi chiari messaggi intimidatori. Proprio negli ultimi mesi Catanzaro ha ribadito le denunce contro l’operato di certa pubblica amministrazione, soprattutto locale: «Non bisogna generalizzare – dice – ma è chiaro che spesso amministratori e funzionari pubblici sono pronti a dare risposte agli amici degli amici e non agli imprenditori che correttamente fanno il loro lavoro». []Ma c’è un altro elemento che deve far riflettere sul reale significato simbolico delle intimidazioni e riguarda l’inchiesta Marna, condotta dagli uomini della mobile agrigentina guidati da Salvatore Montemagno. C’è un processo in corso per le estorsioni che si sono consumate a Siculiana e le testimonianze degli imprenditori che hanno denunciato tra cui Catanzaro sono state acquisite nel corso dell’incidente probatorio. Un Comune, quello di Siculiana, era guidato da un sindaco ed è stato ritenuto fortemente condizionato dagli uomini di Gerlandino Messina. Questa inchiesta ha rivelato ulteriori relazioni pericolose questa volta a sinistra mentre l’inchiesta Alta mafia lo aveva fatto a destra
Ad Agrigento Confindustria cerca di dare un serio spintone alle collusioni facendo qui quello che è stato fatto nell’ambito del racket mafioso: e gli imprenditori, quelli onesti, non si fanno pregare e corrono a denunciare. Sembra chiaro il tentativo di disarticolare una situazione ormai incancrenita: «Ad Agrigento – dice con soddisfazione Catanzaro – si fanno passi avanti in direzione della normalità di questa terra. La gente denuncia e denuncia anche gli amministratori e i funzionari. Certo chi lavora grazie all’irregolarità e alla mafia accusa il fastidio».
In un’area in cui nei prossimi anni arriveranno investimenti per almeno due miliardi mentre sono state avviate le procedure per lavori pubblici da 340 milioni per il raddoppio della strada statale 640 denunciare le collusioni, spingere affinché sia applicato sistematicamente il principio di legalità, chiedere un maggiore controllo di tutte le filiere economiche non può che aver dato altro fastidio ai boss che già si lamentavano dell’attività antiracket. A quelli in galera e ai boss ancora latitanti come Gerlandino Messina che comanda a Porto Empedocle e Giuseppe Falsone ritenuto il rappresentante provinciale i Cosa nostra. E dunque le intimidazioni a Catanzaro da parte dei criminali in carcere e poi la teca con la croce fatta trovare in un luogo che l’imprenditore agrigentino frequenta solo in alcuni giorni della settimana. «Questo avvertimento – dice Catanzaro – è il sintomo della loro debolezza». Che però non deve far abbassare la guardia visto che, come scrive la Direzione investigativa antimafia nella relazione sull’attività svolta nel primo semestre di quest’anno, «l’attività delle consorterie punta all’infiltrazione nel tessuto economico, specie nel settore delle costruzioni dei manufatti edilizi, nella fornitura di calcestruzzo e materiali inerti, nel trasporto dei prodotti ortofrutticoli, nonché negli appalti e nei servizi pubblici, nella grande distribuzione».
Così nei prossimi giorni i vertici di Confindustria saranno qui ad Agrigento per dare man forte a Giuseppe Catanzaro: Ivan Lo Bello, leader degli industriali siciliani è quotidianamente impegnato su questo fronte, e il presidente nazionale Emma Marcegaglia che dice: «L’intimidazione mafiosa subìta dal vicepresidente di Confindustria Agrigento Giuseppe Catanzaro è un segnale grave, che deve preoccupare il Paese e le istituzioni, in quanto è l’evidente risposta criminale al forte impegno civile degli imprenditori siciliani sul territorio e agli importanti risultati che questo impegno ha già ottenuto. L’avvertimento rafforza la determinazione di Confindustria a stare a fianco degli imprenditori siciliani e meridionali, impegnati con coraggio in una battaglia di vitale importanza per il Paese e per il suo sviluppo economico. Sono al fianco di Catanzaro e di Lo Bello in questa battaglia che considero prioritaria nella mia presidenza». Al sostegno del leader di Confindustria si somma la solidarietà del ministro della Giustizia Angelino Alfano, anche lui agrigentino, del presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo e di tanti altri. Intanto gli imprenditori siciliani decisi dicono: «La coraggiosa azione di Catanzaro e dei tanti imprenditori agrigentini che hanno denunciato gli estorsori rafforza l’impegno di Confindustria Sicilia per agevolare la collaborazione con magistratura e forze dell’ordine che svolgono in Sicilia una efficace azione di contrasto alla mafia».
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