“Nominare Pina Maisano Grassi senatore a vita”. La proposta al culmine di un articolato ragionamento sulla mafia e sulle collusioni politiche di Cosa nostra (“La qualità del consenso politico è ancora troppo bassa”) è di Maurizio De Lucia, magistrato della Direzione nazionale antimafia, con una vasta esperienza in inchieste sulla criminalità organizzata per aver partecipato alle più importanti indagini su Cosa nostra palermitana degli ultimi vent’anni. De Lucia ha partecipato alla presentazione del libro scritto dalla giovane attivista di Addio Pizzo Chiara Caprì insieme a Pina Maisano Grassi e dedicato proprio alla figura di Libero Grassi, l’imprenditore ucciso vent’anni fa dalla mafia proprio per avere denunciato il pizzo e le pressioni del racket il cui titolo è apunto “Libero, l’imprenditore che non si piegò al pizzo” edito da Castelvecchi nella collana Rx la terra vista dalla terra (126 pagine, 10 euro). Vale la pena leggere il libro per capire fino in fondo perché Pina Maisano merita quella nomia. Lei che è stata senatrice dei Verdi eletta però a Torino non a Palermo. In questo agile volumetto c’è tutto l’impegno civile della famiglia Grassi nel nome dei grandi ideali del Partito d’azione, di un’idea laica di libertà e di giustizia sociale, di libertà non solo dalla mafia ma dall’oppressione statalista della politica: Libero aveva ben chiaro in quale mondo volesse vivere. Così la mafia non ha ucciso solo l’uomo che diceva no al pizzo ma l’uomo che propugnava un cambiamento radicale della società palermitana. Non è un caso che Libero fosse impegnato proprio nel Partito radicale così come ha raccontato il magistrato Nico Gozzo, procuratore aggiunto a Caltanissetta, che in quel partito ha militato in gioventù. Al di là della facile retorica, Libero aveva un’idea laica e moderna della Sicilia e quell’idea moderna e laica i mafiosi hanno voluto fermare. Non è stato un caso isolato. Purtroppo.
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