Settembre 20, 2024

Riservatezza, abilità, nessuna macchia cioè nessun contatto con le forze dell’ordine da generazioni. Così Nino Giuffrè boss pentito braccio destro di Bernardo Provenzano, descrive il curriculum e le caratteristiche che deve avere colui che intende far parte di Cosa Nostra. L’organizzazione lo tiene d’occhio, lo «attenziona», esamina il pedigree dei genitori e dei genitori dei genitori. Un perfetto anti-Stato: la Mafia. È in questo contesto incrostato e omertoso che, miracolosamente,  da due anni circa c’è una sorta di lenta ma inarrestabile sollevazione.


Qualcosa avviene in Sicilia: la protesta contro il pizzo.  Stavolta non da parte di entusiasti studenti o arruffapopoli sognatori, ma dal potere economico, la Confindustria.   Come è stata possibile questa svolta, si chiedono i due giornalisti de Il Sole-24 Ore, Serena Uccello e Nino Amadore, autori de L’isola civile. Una serie di cause e concause: la consapevolezza che con la mafia non si cresce  economicamente, il successo di tante inchieste giudiziarie che hanno portato all’azzeramento di tanti piccoli clan (come le tante condotte dal magistrato Michele Prestipino), l’inasprimento da parte dei banditi superstiti della gabella imposta a commercianti e industriali proprio per far fronte a maggiori spese. E un manipolo di uomini nuovi, che fanno capo al nuovo presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, da Marco Venturi ad Antonello Montante, da Giuseppe Catanzaro ad Andrea Vecchio a Ettore Artioli.


   Quella del «pizzo» non è una battaglia di retroguardia,  come potrebbe pensare qualcuno, mentre sempre più pezzi di società, di pacchetti azionari, di aziende sane, finiscono inghiottiti dalle mafie dei colletti bianchi. Ogni giorno 250 milioni di euro passano dalle mani di commercianti e imprenditori a quelle dei mafiosi. Denaro che finisce in acquisto di droga, armi e, appunto, pezzi di società. Perchè,
come indica un collaboratore di giustizia: «Tutti pagano, anche i chiodi», perfino il venditore ambulante di torrone che si è sistemato in una piazza in occasione di una festa. 

Quello che tentò, vanamente, di fare Libero Grasso venti anni fa, pagando con la vita, oggi potrebbe riuscire a questa  generazione di quarantenni (come li chiamano), sulla scorta di mutate condizioni. Ma nulla è facile, specie da queste parti dove l’allora vicepresidente della Commissione antimafia Nichi Vendola, riscontrò più di un «verminaio».    I due giornalisti passano geograficamente in rassegna l’intera Sicilia, in alcuni casi anche storicamente, non risparmiando nessuno: Forza Italia, Udc i più citati, ma anche Pd. Non tacendo il ruolo quanto meno poco chiaro dei servizi segreti. (ANSA)


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