di Anna Laura Orrico
Sembra davvero una terra infuocata la Calabria di questi giorni. Se fossimo ufficialmente in guerra diremmo che siamo sotto assedio: da Cosenza a Caulonia passando per Lamezia Terme, da Vibo Valentia a Crotone per ritornare su a San Giovanni in Fiore è un continuo esplodere di bombe, minacce e assalti agli spazi della vita democratica e sociale di questa regione. Ma i calabresi non sembrano avvertire che siamo in guerra. E’ vero, nessuno ci ha informati ma è altrettanto vero che la Calabria non ha attenzioni da parte di nessuno né a Roma né altrove.
La solidarietà, quella la diamo tutti, ma poi ci dimentichiamo quello che è successo, che succede troppo spesso e come drogati lasciamo scorrere quasi fossimo assuefatti. Più grave è l’assenza dello Stato, ci chiediamo dove sono i nostri politici mentre in Calabria viviamo nel terrore e nessun cittadino si sente più al sicuro, si sente libero di dire e agire contro la criminalità organizzata e la diffusa illegalità. La risposta è che sono in Consiglio regionale a discutere come tutelare le proprie indennità; a Roma a cercare di capire come salvare l’Italia salvando la propria poltrona. Certo, di tutte le erbe non bisogna fare un fascio, ma è indispensabile una presa di posizione più forte affinché lo Stato cominci a venire in Calabria e a presidiare il territorio per far sentire sicuri i cittadini. Tutte le categorie sono state colpite, nessuno di noi è al sicuro e peggio ancora i riflettori dei media nazionali non si accendono se non per dare freddamente sempre la stessa notizia “Scoppia bomba: intimidazione della ‘ndrangheta”. Come reagiscono i cittadini, il silenzio e l’omertà che c’è dietro ognuno di questi eventi, le reazioni coraggiose di chi vuole continuare a restare in questa Calabria, quelle non si raccontano. Cosa dobbiamo fare per non combattere da soli questa guerra? Forse sarebbe il caso di ritrovarsi tutti e, in uno spazio pubblico, leggere ad alta voce l’elenco delle persone, delle aziende, delle associazioni, delle istituzioni che hanno subito attacchi da parte della malavita, di tutti coloro che continuano a lavorare per la legalità, di tutte le famiglie ‘ndranghetiste che non ci permettono di respirare. Chissà se parlando ad alta voce seriamente non si inizi ad estirpare il cancro dal malato e il silenzio dalle nostre coscienze. “Io resto in Calabria” lancia questa sfida ed è pronta ad accogliere chi con coraggio vuole alzare la voce, dopo aver già alzato la testa.
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