di Alberto Spampinato
Ogni tanto bisogna fermarsi e calcolare il cammino già fatto. È necessario in ogni viaggio di lunga durata. È necessario ogni volta che avverte la fatica e il traguardo appare ancora lontano. La cosa più semplice da fare è chiedersi: dov’ero arrivato ieri, una settimana fa, un anno fa? E dove sono adesso? È una lezione che ho appreso dal presidente Carlo Azeglio Ciampi, seguendo da vicino il suo Settennato e ricostruendo la sua vita. È un insegnamento prezioso che, ho potuto verificare, aiuta a superare momenti di scoramento e a trovare nuova lena. Aiuta anche chi viaggia insieme con noi. Vale anche per la gigantesca impresa che abbiamo intrapreso fondando “Ossigeno per l’informazione”.
Un anno fa Ossigeno non esisteva ancora. Nutrivamo ancora qualche dubbio sulla possibilità concreta di creare l’osservatorio coinvolgendo, come volevamo noi, FNSI e Ordine dei Giornalisti. Eravamo in questa incertezza già da un anno. Avevo gettato il seme a novembre del 2007 al congresso della FNSI di Castellaneta Marina e avevo trovato il mio compagno di strada, Angelo Agostini. Nel 2008, a primavera, uscì il mio saggio base “Se il giornalista resta solo” su Problemi dell’Informazione, il testo che ha propagato l’idea, e a luglio con Angelo e Vito Lo Monaco riuscimmo a fare a Palermo un convegno fondamentale sulla tematica dei cronisti minacciati e delle notizie oscurate con la violenza e l’auto-censura. Poi il cammino si fece incerto. Roberto Natale e Lorenzo Del Boca, i due presidenti, erano i nostri principali partner. Condividevano il progetto, ma esitavano a fare il passo formale per coinvolgere le loro organizzazioni. Dicevano “sì, però…”.
Si trattava di interrompere decenni di disattenzione e di rompere un tabù, e non era semplice. Non era semplice far capire che l’osservatorio non voleva scavalcare le associazioni regionali e nazionali dei giornalisti, non voleva mettere all’indice i giornalisti vittime dell’auto-censura e di minacce da prendere sul serio; che volevamo invece cercare il modo migliore di affrontare il problema, e che il primo passo da fare consisteva proprio nel cominciare a parlarne, nel documentare i casi più gravi, nel descrivere la dimensione e la drammaticità di episodi che noi stessi siamo abituati a pensare che accadano altrove, lontano da noi, in paesi in cui la democrazia e la libertà di informazione è ancora ad uno stadio primordiale.
Non era per niente facile. Ma noi eravamo convinti che fosse necessario e possibile. E allora io, Angelo Agostini, Lirio Abbate, Roberto Salvatore Rossi ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo cominciato a scrivere il primo Rapporto, coinvolgendo altri matti come noi: Luciano Mirone, Nino Amadore, Rosaria Capacchione, Arianna Ciccone, Franco Nicastro, Vito Lo Monaco…
Ecco dov’eravamo un anno fa. Eravamo intenti a raccogliere le informazioni sparse, frammentarie, a fare sopralluoghi in Sicilia, in Calabria, in Campania. Nelle prime settimane del 2009, il quadro fu completo. Messe in ordine le tessere del puzzle apparve una immagine impressionante. Avevamo visto giusto. Non era necessaria alcuna enfasi. Bastava mostrare quel che risultava dalla nostra sommaria ricognizione, 200 giornalisti minacciati nel triennio 2006-2008, e dire: come si fa a non parlare di queste cose? Infatti il Rapporto smosse le acque. Il 26 marzo la costituzione dell’osservatorio fu approvata dal Consiglio Nazionale della FNSI e qualche settimana dopo dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. Il 4 aprile presentammo il rapporto al Festival del Giornalismo di Perugia in un affollato dibattito. Pochi giorni dopo fu costituito il comitato di lavoro congiunto FNSI-Ordine dei Giornalisti per l’Osservatorio e mi fu affidato il compito di dirigerlo con la direzione scientifica di Angelo Agostini.
Da allora ne abbiamo fatto di strada! Incontri in tutta Italia. Contatti. Interventi. Sopralluoghi. I rapporti annuali di Freedom House e di Reporters Sans Frontieres hanno messo in evidenza, per la prima volta, il problema da noi sollevato. Il presidente Napolitano ci ha incoraggiato ad andare avanti. Il Rapporto e gli interventi di Ossigeno hanno fatto notizia sui giornali e hanno avuto molto spazio sul web, in particolare sui siti di Articolo 21 e di libera Informazione e su numerosi blog. Ossigeno è diventato un punto di riferimento sul tema dei cronisti minacciati e delle notizie oscurate in Italia… Un bel pezzo di strada, in otto mesi. C’è di che rallegrarsi – ce lo diciamo da soli – ma c’é un ‘ma’ molto grande ed è il paradosso di Ossigeno: se giriamo lo sguardo verso il traguardo e pensiamo alla strada che ci resta da fare, alle aspettative che abbiamo creato, alle scarpe che abbiamo consumato e alle poche risorse di cui disponiamo, torna l’incertezza.
Finora abbiamo fatto tutto a costo zero. Ci siamo riusciti caricandoci di persona le (poche) spese. Ma a quale prezzo? Rinunciare a parecchie cose, alcune superflue, altre assolutamente doverose, come i viaggi per verificare in loco – in Calabria, in Sicilia, in Puglia, in Campania, in Veneto – alcuni gravi episodi di minacce e intimidazioni di cui siamo venuti a conoscenza. Di conseguenza Ossigeno non ha parlato di questi casi, in ossequio alla regola che ci siamo imposti: di esprimere valutazioni solo sui casi che conosciamo direttamente. Lavorare a bilancio zero è esaltante, riempie di orgoglio. Ma è anche una grossa limitazione. Pesa sul prossimo Rapporto e sulla credibilità dell’Osservatorio. Non so cosa riusciremo a fare nel 2010 a bilancio zero. Cominceremo a pensarci dopo le feste e ve lo faremo sapere. Intanto stasera vi invito a brindare al paradosso di Ossigeno, che: ha solo un anno di vita e ha già fatto tanta strada; che non ha un euro e ha fatto un sacco di coses. Non è un vero fenomeno?
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