di Chiara Barone
Il ruolo dell’informazione e la responsabilità della cosiddetta società civile nella lotta alla mafia. Era questo il titolo scelto da noi, ragazzi di Addiopizzo , per il terzo dei quattro seminari organizzati in collaborazione con la Facoltà di Lettere e Filosofia di Catania; seminari che rientrano nel più ampio progetto “scuole e università” ,che insieme al progetto del “consumo critico” e a molte altre attività,vede impegnato questo gruppo di volontari nella lotta alla mafia,o meglio,alla mentalità mafiosa.
Ma il titolo probabilmente,era poco.. preciso.
Nino Amadore, che abbiamo consapevolmente e caldamente voluto come relatore,vista la sua professionalità e sensibilità verso temi come quello in questione,ha infatti iniziato precisando che la c.d. società civile.. in realtà,non esiste. O meglio,è tautologico,parlare di società civile. Come se potesse esserci una parte di società incivile. No,aggiungo io anche alla luce dell’incontro di stamane. Probabilmente esiste una parte di società attenta,e una meno attenta,o addirittura distratta. Da altro.
E’ stata questa l’introduzione che Nino Amadore ha “scelto” per questo incontro.
Incontro che si è tenuto,appunto,oggi,24 aprile,nella bellissima aula Coro di Notte nell’altrettanto affascinante Monastero dei Benedettini di Catania. Per un paio d’ore,alla presenza di un pubblico non troppo vasto purtroppo,visto probabilmente il tema(mafia)che sembra essere poco invitante per molti miei colleghi e concittadini,Nino Amadore ha impostato l’incontro in maniera chiara ed esaustiva,passando da constatazioni sui mezzi,più o meno nuovi,più o meno vecchi,di comunicazione(tv,radio,carta stampata,web),a riflessioni di vario genere aventi come oggetto principale il ruolo dell’informazione,anzi,della buona,informazione. Perché è di buona informazione che abbiamo bisogno,non di molta,informazione.
Con serietà,decisione,ma anche “prudenza intellettuale”,ha fatto un quadro di quello che significa oggi,essere e fare il giornalista. Un lavoro che,se fatto bene,e se ho ben inteso la sua battuta iniziale,può davvero “consumarti le scarpe”. La parola “inchiesta” poi,ha spesso fatto compagnia alla parola “giornalismo”. Probabilmente perché si,il vero giornalismo è un “coltello in una qualche piaga” che ,il buon giornalista, quello dal curioso intuito,quello che ama capire senza pregiudizi e andare al di là del fatto in sé,trova sempre,da qualche parte. Perché oggi questa società è ferita,le piaghe ci sono,eccome. Quindi direi.. trovare le ferite,e poi guarirle. Dovrebbero essere questi i passaggi logici fondamentali per pensare a delle.. soluzioni. Ed anche per chi,come molti dei presenti in aula oggi,l’impatto con questa società un po’ malata,o cagionevole di salute che sia,non l’ha ancora avuto del tutto,è facilmente intuibile dunque come il ruolo dell’informazione sia fondamentale. Informarsi per informare,il giornalista che si mette al “servizio” del cittadino,e perché no,delle istituzioni. Ma la realtà a volte è un po’ diversa. Probabilmente oggi si va troppo in cerca della “spettacolarizzazione”,del “consumo veloce”,come se le notizie dovessero essere sempre talmente tanto invitanti da venir divorate,per non essere cosi,effettivamente ben digerite. Probabilmente oggi si preferisce parlare per grandi e sintetiche immagini più che per pesate e precise parole. Come quelle utilizzate oggi:un seminario cosi, per me che ero li tra il pubblico,vale mille fiction sulla mafia. Ed è molto di più di un “umile contributo” alla coscienza civile.
Anzi,la “società civile”,concedimelo,Nino,ringrazia chiunque,come te, svolga il suo mestiere con serietà e amore,e lo condivide con gli altri,sacrificando un po’ del suo prezioso tempo.
Ad ogni modo Nino Amadore non è entrato nel merito della questione “mafia”,ma ne ha calcato l’impalcatura,dal punto di vista giornalistico,grazie anche ai racconti di aneddoti ed esperienze varie. Insomma,anche un buon seminario è informazione. Non è comodo come stare sul divano a guardare la tv con un pled sulle gambe,ma è sicuramente molto più efficace.
Esci di casa,sai che stai andando a sentire parlare di un tema,conosci ,o individui,chi ne parlerà,e ti basta vederlo al bar con 4/5 giornali sotto braccio,per renderti conto che.. c’è da aprire bene le orecchie.
E poi ti siedi,comoda,e ascolti. C’ sempre qualcosa da imparare. Basta volerlo.
Cosi come c’è sempre qualcosa da raccontare. Anche li,basta volerlo.
Se i giornalisti,tutti,si sentissero quasi in dovere,oltre che in diritto,di rappresentare gli “interessi di tutti i cittadini”,chissà,magari di mafia se ne parlerebbe non di più,come sottolineava Nino Amadore oggi,ma meglio.
“La mafia va raccontata tutta,e cosi com’è.” Il pubblico può abituarsi anche piano piano,aggiungo io,ad approcciarsi al problema in questo modo,oltre che con “La Piovra” o “Il capo dei capi”.
Poi magari preferirà un format piuttosto che un altro,ma sempre di buona qualità staremo parlando.
E l’incontro va quindi avanti,tra le riflessioni da parte di chi conosce,questo mondo,il suo mondo,e sa che agli equilibri,anche quelli freddi del mercato,non si può sfuggire. E’ sempre questione di interessi,inutile nasconderselo,ma l’interesse,se è di tutti,non è un nemico da combattere probabilmente.
Trasmettendo quindi serenità pur descrivendo una realtà giornalistica che a molti non piace,
Nino Amadore si confronta anche con il.. pubblico,rispondendo alle spontanee domande e “lamentele” che qualcuno gli espone,quasi come fosse un padre confessore. Questa è la sensazione che ho avuto io al momento del dibattito: che la gente presente in sala avesse capito che lui,il suo mestiere,lo conosce,e ama svolgerlo bene,e quindi avesse pensato che il serio ma sorridente relatore potesse avere una sorta di.. bacchetta magica.
Ahimè,nonostante le più che soddisfacenti risposte, non è cosi;la bacchetta magica non può essere nelle mani di qualcuno,ma di qualcosa,probabilmente.
Citando,sempre,Amadore,direi che una forma di bacchetta magica può stare innanzitutto nella “responsabile attenzione” di chi,in questa società,ha un ruolo: da cittadino,da consumatore,da giornalista,da istituzione.
Si,perché tutti abbiamo un compito,ogni giorno: anche fare da relatore a una conferenza,o esserci,come pubblico,a una conferenza. Qualunque sia,questo compito,portiamolo avanti. E contagiamoci l’uno con l’altro.
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