Serve un patto tra le imprese e lo Stato che si fondi sull’utilità e la convenienza tra le parti. Da un lato c’è l’imprenditore deve avere convenienza e denunciare il racket dall’altra lo Stato che deve «garantire alle imprese conniventi con la criminalità organizzata uno scambio». La proposta è del capo della Direzione nazionale antimafia Piero Grasso e torna d’atttualità dopo il provvedimento di sequestro nei confronti di Stefano Italiano, il presidente della cooperativa gelese Agroverde accusato di riciclaggio aggravato dall’aver favorito Cosa nostra. Italiano ha denunciato il racket nel 2005 e dunque ha rifiutato la connivenza ma non ha rivelato quello che aveva fatto prima della denuncia. Ecco il punto su cui il capo della Dna ribadisce le proprie convinzioni riproponendo quanto già pronunciato qualche tempo fa nel corso di un convegno del Centro studi Cesare Terranova: «È necessario dire alle imprese: tu denuncia e io ti dò un condono fiscale per la parte di nero che hai creato per pagare la mafia; ti dò un incentivo; di dò competenze per gestire meglio la tua impresa, ti dò anche i mezzi e ti garantisco la sicurezza». L’impresa sa che può avere vantaggi e se non denuncia «nel momento in cui viene scoperta – dice Grasso – gli si può applicare una sanzione amministrativa, non penale. il senso è chiaro: avevi la possibilità di usare un sistema, non lo hai fatto dunque meriti la sanzione». La distinzione del magistrato viene fatta in punta di diritto con una distinzione di ruoli delle imprese in contesti ad alta commistione come quello siciliano e gelese in particolare. Dice Grasso: «la maggior parte degli imprenditori che opera nella zone ad altra densità mafiosa hanno imparato a convivere con la mafia trovando spunti, canali e comportamenti che consentono alle loro aziende con comportamenti a volte di non legittimità legale a scapito di quegli imprenditori onesti che vengono espulsi dal mercato. Tralasciamo per comodità l’impresa mafiosa, che si definisce tale o per la qualità dei suoi proprietari o per i metodi intimidatori che usa nel mercato: questa impresa va sequestrata e confiscata . Poi ci sono le altre imprese. Ci sono tre possibili comportamenti: l’acquiescenza, la resistenza, la connivenza. nel primo caso l’imprenditore si adegua alle richieste: paga e basta. Nel secondo l’imprenditore si oppone. Nel terzo caso: quello secondo cui le imprese adottano un comportamento di connivenza con la mafia individuando spazi con convenienza con Cosa nostra. L’impresa si può prestare al gioco criminale riciclando il denaro e ricevendo un finanziamento in più in relazione all’importo riciclato, l’impresa connivente può ricevere la protezione sul mercato privato eccc. Ed è sulle imprese conniventi che bisogna intervenire trovando il modo di stipulare il patto con lo Stato cioé tra chi produce sviluppo e chi produce sicurezza e legalità».[ad#co-11]
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