Gli enormi investimenti compiuti dalla mafia italiana in Germania possono mettere a rischio la democrazia tedesca. È l’avvertimento lanciato in un’intervista alla «Frankfurter Allgemeine Zeitung» dal magistrato di Palermo, Roberto Scarpinato, in Germania per un convegno.
«Il pericolo per la Germania», ha spiegato Scarpinato, «non deriva dal fatto che qui sono attivi 100 o 200 mafiosi, ma dal fatto che i miliardi investiti qui esercitano sempre di più un’influenza sull’economia e sulla politica e questo è un pericolo per la democrazia». Il procuratore di Palermo critica anche la legislazione anticiclaggio tedesca, che non facilita i sequestri dei beni dei mafiosi. Scarpinato fa osservare che in base al rapporto per il 2005 del «Bundeskriminalamt» (Bka), la Criminalpol tedesca, in tutto il Paese «sono stati sequestrati beni incriminati per un ammontare di 93 milioni di euro. Solo per fare un paragone, il mio ufficio ha disposto nello stesso anno la confisca di beni per 500 milioni di euro, e questo solo a Palermo». Per Scarpinato questa eclatante differenza si spiega con il fatto che in Italia una persona sospettata deve giustificare la provenienza legale del suo patrimonio, mentre in Germania spetta alle procure dimostrare l’illegalità compiuta, elemento che non consente agli inquirenti l’efficacia necessaria per operare i sequestri. Il procuratore di Palermo lamenta anche le difficoltà che si incontrano per disporre intercettazioni telefoniche in Germania. «In Italia», spiega, «le intercettazioni sono il mezzo più efficace per combattere la criminalità organizzata ed è anche ciò che la mafia teme di più». Scarpinato aggiunge che in Germania il riciclaggio di denaro può essere compiuto senza troppi rischi, «per questo la Germania è destinata a diventare il santuario e la base d’azione della mafia». E a questo riguardo ha ricordato che già negli Anni ’80 Totò Riina e Bernardo Provenzano avevano investito in Germania una parte dei loro patrimonio, che nel frattempo si è accresciuto fino a toccare gli 800 milioni di euro. Parlando della strage di ferragosto a Duisburg, Scarpinato ha affermato che gli inquirenti italiani avevano informato i loro colleghi tedeschi già nel 2001 che il ristorante «Da Bruno», davanti al quale è avvenuta la strage in cui sono morte sei persone, era nelle mani della ‘ndrangheta, ma la mancanza di strumenti opportuni a disposizione degli inquirenti tedeschi non ha permesso loro di portare avanti con successo le indagini.
All’allarme-mafia di Scarpinato fa eco un articolo dello «Spiegel» che traccia un quadro preoccupato della scarsa integrazione nella società tedesca degli oltre 534 mila immigrati italiani. Il settimanal tedesco prende spunto dalla creazione della nuova task force antimafia italo-tedesca, che verrà presentata ufficialmente mercoledì a Berlino dal presidente del Bka, Joerg Zircke, e dal capo della polizia italiana Antonio Manganelli, per denunciare quella che definisce come «la credenza sbagliata di una ‘integrazione esemplarè degli italianì, spacciata tanto volentieri da ministri tedeschi e ambasciatori». La realtà dei fatti è costituita invece, secondo lo «Spiegel», «da una struttura chiusa in se stessa, fatta di legami familiari, che vive secondo i principi vigenti nell’Italia meridionale e che offre qui (in Germania, ndr) un magnifico terreno di coltura per gli affari della mafia in totale discrezione, ma in modo efficiente e affidabile». Il professor Dietrich Thraenhardt, un politologo dell’università di Muenster specializzato nei problemi della migrazione, ha confrontato i risultati scolastici, i salari e il tasso di disoccupazione degli immigrati, arrivando alla conclusione che gli italiani sono quelli che se la cavano peggio. Mentre i genitori greci e spagnoli fanno di tutto per mandare i loro figli al liceo, quelli italiani provenienti soprattutto dalla Sicilia e dalla Calabria si mostrano «particolarmente restii nei confronti della formazione culturale (dei loro figli, ndr)». Solo il 6,5% dei ragazzi italiani che vivono in Germania frequenta un liceo, mentre doppia è la percentuale degli adolescenti spagnoli. I motivi di questo atteggiamento sarebbero riconducibili a due atteggiamenti di fondo delle famiglie italiane immigrate: da un lato il forte legame con la patria d’origine, in cui si va ogni anno a trascorrere le vacanze, dall’altro la «scarsa ambizione sociale» dei meridionali italiani, che continuerebbero ad avere nel loro Dna l’atteggiamento dei braccianti di una volta. Anche per quanto riguarda il pagamento del pizzo in Germania, lo «Spiegel» scrive che «la volontà di molti uomini d’affari italiani di denunciarlo è praticamente zero. I proprietari dei negozi preferiscono pagare il pizzo, piuttosto che rivolgersi alle autorità tedesche». Atteggiamento confermato anche dal fatto che secondo gli inquirenti del Bka, ci sono stati casi di italiani ricoverati in ospedale con ferite da taglio o da arma da fuoco, che sostenevano di essersi feriti da soli.
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