Un collaboratore di Bernardo Provenzano si occupava per conto della Mafia spa della legge 488/92 e di tutte le altre agevolazioni alle aziende. Da ottenere in maniera fraudolenta, ovviamente. L’episodio è stato raccontato dal magistrato della Direzione nazionale antimafia Gianfranco Donadio, il quale ha ricostruito fino a che punto possono arrivare gli interessi economici di Cosa nostra e le potenzialità delle famiglie mafiose. I riferimenti, ovviamente, non sono solo alla 488 ma a tutte le misure di agevolazione e dunque anche agli aiuti dell’Unione europea. Che non sono affatto marginali. Nel contesto in cui «il brigante si fa galantuomo», secondo una definizione dello stesso Donadio, cresce l’interesse della mafia per i fondi Ue: da preferire, si spinge a dire qualche altro investigatore, alle estorsioni perché le truffe procurano meno allarme sociale.
Ma per tornare a Provenzano e al suo «consulente», ci si trova di fronte a un professionista che conosce molto bene la terminologia e la normativa. Il quale dice: «Dottore in certi territori noi facciamo tutto. Noi ci occupiamo di tutto e soprattutto queste provvidenze – termine un po’ improprio – queste risorse, le prendiamo tutte noi». Ed è sempre il professionista che fa l’esempio di truffe portate a termine: «Questa è una stamperia e funziona così. Questa è un’industria agro-alimentare e l’abbiamo fatta così. Qui noi non siamo direttamente interessati, però abbiamo una partecipazione». Commento di Donadio: «È una cosa terribile. Insomma, gli esempi possono continuare all’infinito».
E c’è un’altra questione che il tecnico di Provenzano spiega bene al magistrato: quella del capitale di rischio. «Ma quale capitale di rischio – dice il consulente zu binnu -: il denaro ce lo dà lo Stato. Noi ci capitalizziamo con il denaro che ci proviene dalla 488. Che bisogno c’è? Gli aumenti di capitale? ma si fanno con il denaro della 488. Noi (Cosa nostra ndr) non spendiamo una lira».
Scopri di più da Nino Amadore
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