di Nino Amadore
Metodico, preciso, puntuale. Un uomo, un professionista, un magistrato che si è curato di registrare tutti gli eventi della sua vita privata e professionale. È questo che emerge dalla lettura di quella che è stata battezzata l’agenda grigia di Paolo Borsellino per differenziarla dall’agenda rossa che sarebbe scomparsa e che conterrebbe appunti segreti che potrebbero far luce sulle stragi. O meglio dalla lettura di un pezzo importante dell’agenda grigia di Paolo Borsellino: il periodo che va dal 23 maggio 1992 al 17 luglio di quell’anno. Certo non ci aiuta a capire fino in fondo cosa è avvenuto in quei giorni, magari apre ancora altri scenari. Il nodo centrale, su cui si arrovellano in tanti resta la trattativa tra mafia e Stato che sarebbe stata determinante anche per la strage di via D’Amelio.
Non c’è nulla di scritto sulla pagina del 18 luglio, vigilia della domenica di sangue in cui il magistrato è morto a causa dell’attentato dinamitardo su cui si è tornati a discutere dopo le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, il quale si è accusato di aver rubato lui la 126 rossa utilizzata per la strage in cui sono morti anche gli agenti della scorta. Rimettendo così in discussione i tre procedimenti già passati in giudicato che hanno sancito la condanna per decine di persone.
Da una lettura dell’agenda si riscontrano i giorni drammatici di quello scorcio di primavera del 1992: il 23 maggio è uno di questi. E gli appunti segnati in quel giorno scandiscono il precipitare di una giornata cominciata bene e finita nel peggiore dei modi con la strage di Capaci e la morte di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e degli uomini della scorta. Alle 17 Borsellino va dal barbiere ma già subito dopo le 18 è appuntato il nome dell’Ospedale Civico di Palermo e tra parentesi quello di Falcone con una croce accanto. Si è detto e scritto che quel giorno Paolo Borsellino cominciò a morire e il collaborante Gaspare Spatuzza ha anche raccontato che il suo destino era già stato deciso visto che la fornitura di esplosivo per i due magistrati era stata unica. Gli ultimi 57 giorni di vita del magistrato sono intensi. Borsellino segna con metodo quasi maniacale le entrate e le uscite di cassa compresi i soldi destinati all’elemosina davanti alla chiesa, come solo un ottimo padre di famiglia sa fare. Sullo sfondo ci sono Agnese, la moglie, e la famiglia. Ci sono i soldi per i figli e poi i conti di casa: problema non secondario anche in quei giorni frenetici: entrate 9.382.000 (lire), uscite 9.051.000 (lire). Ma in primo piano c’è il martellante mattinale degli impegni giudiziari e istituzionali, i rapporti con la stampa, i viaggi all’estero e soprattutto a Roma. Tra le persone che incontra, R. Schifani, probabilmente Rosaria Schifani, vedova del caposcorta. La incontra due volte: una prima volta nel pomeriggio di domenica 7 giugno (alle 16) e una seconda volta nella serata di giovedì due luglio (alle 19). Mercoledì primo luglio era stato a Roma dove aveva avuto una giornata piuttosto intensa anche a leggere solo quanto appuntato nell’agenda: di mattina era stato al Servizio centrale operativo, poi con i carabinieri, alle 15 alla Direzione investigativa antimafia, poi aveva incontrato il capo della polizia Vincenzo Parisi, dopo le 19 l’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino e poi in serata era tornato di nuovo alla Dia. Altro non dice l’agenda. I contatti con i carabinieri, poi, sono parecchi, a dimostrazione spiega l’avvocato Piero Milio, che difende il generale Mario Mori nel processo che si tiene a Palermo per il mancato arresto di Bernardo Provenzano, «che i rapporti tra Ros e Borsellino erano ottimi». Il 10 luglio Borsellino va a cena con i carabinieri, l’11 è dai Ros dopo le 13 mentre il 12 è a Salerno dove partecipa al battesimo di Massimo Cavaliero. Gli ultimi contatti con i vertici degli uffici investigativi sono del 16 e 17 luglio: alle 9 del 16 è negli uffici della Direzione investigativa antimafia, alle 13 incontra Gianni De Gennaro e nel pomeriggio è ancora alla Dia. Dove torna ancora al mattino del 16 luglio. Il 18 è in Procura, come raccontano testimoni. Di buon umore e con la solita sigaretta in bocca.
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