articolo di Rino Giacalone da La Sicilia
Il presidente dell’Ordine degli Architetti Vito Corte ha mandato un segnale chiaro circa l’azione che intende porre in essere. Anzi che ha posto in essere. A chi pone il problema dell’esistenza (provata anche giudiziariamente ma che resta priva di una seria analisi e presa di coscienza all’interno della società civile) di una «zona grigia» che fornisce appoggio all’organizzazione mafiosa, cioè l’esistenza di soggetti, anche professionalmente qualificati, non per forza «punciuti» ossia ritualmente affiliati a Cosa Nostra, l’Ordine degli Architetti ha deciso di dare una risposta: non sono frasi che negano il fenomeno, c’è una precisa consapevolezza e la decisione di opporre barriere perchè a questi soggetti non sia permesso continuare ad operare.
In che modo?
«Abbiamo proposto – spiega l’arch. Corte – una integrazione alle norme che regolano la vita dell’Ordine. Oggi l’unica previsione di intervento, al di là delle ipotesi di condanna, è quando si è in presenza di una ordine di custodia cautelare; abbiamo ora proposto ai nostri organi nazionali che venga fatto obbligo all’iscritto di comunicare ai competenti consigli direttivi i casi in cui si è raggiunti da informazione di garanzia, o richiesta di rinvio a giudizio per i reati di associazione mafiosa e concorso esterno e per tutti gli altri reati per i quali la magistratura contesti l’aggravante di avere favorito l’associazione mafiosa. Tutto questo lo abbiamo pensato non solo in funzione della vita del nostro Ordine, ma anche perchè puntiamo in modo chiaro ad un obiettivo».
Quale?
«Quello di potere dare un contributo perchè tutti ci si trovi a vivere in un contesto sociale più democratico e libero, spesso questo nostro consesso sociale è apparso arretrato».
L’arch. Corte ha dato l’annuncio ieri pomeriggio in occasione della presentazione, avvenuta nella sede dell’Ordine, del libro «La zona grigia» scritto dal giornalista Nino Amadore, iniziativa che gli architetti hanno promosso assieme all’associazione Antiracket ed antiusura presieduta dall’imprenditore Paolo Salerno.
Quello di ieri è stato un secondo appuntamento organizzato dall’Ordine degli Architetti in chiave «antimafia» nel giro di pochi giorni. Appena sabato scorso a Castelvetrano è stato presentato il premio nazionale di architettura «Mauro Rostagno», domani altro appuntamento più legato all’uso del territorio. «Sicurezza, bellezza, lavoro, vivibilità – ha osservato Corte dinanzi ad un uditorio fatto di molti architetti ma c’erano anche gli esponenti ed i rappresentanti di altri ordini professionali (Catalano e Morfino rispettivamente ordine dei commercialisti e dei medici), di Confindustria (Durante), dei sindacati (Colomba della Cgil), presenti anche i vertici delle forze dell’ordine – sono temi che ci appartengono e sui quali vogliamo dare una precisa accelerazione proprio individuando e cancellando quegli aspetti che possono prestare il fianco alla criminalità mafiosa».
Nino Amadore, parlando ieri del suo libro sulla «zona grigia» al servizio della mafia, e parlando di Trapani ha racchiuso il tutto in una sintesi precisa. «Qui – ha detto – esiste una intelaiatura che ha dato forza alla mafia, composta da pezzi del potere politico e da parte di società». Le vicende giudiziarie e processuali gli danno ragione: Cosa Nostra trapanese ha potuto rafforzarsi nell’ambito del «do ut des» con i politici e mettendo radici nella società controllandone alcune espressioni, l’imprenditoriale e le professioni tra queste, per ottenere il vitale consenso.
«Il contesto è di quelli – ha poi proseguito Amadore – che si combatte anche con la rivolta sociale. Confindustria ha fatto un passo ma dobbiamo verificare continuamente se lì dentro e dappertutto si fanno gli stessi passi in avanti».
L’associazione Antiracket con Paolo Salerno ha aggiunto: «Non basta solo Confindustria se poi anche altre organizzazioni e ordini o associazioni non si comportano analogamente con i propri aderenti». L’Ordine degli Architetti di Trapani ha già fatto la sua proposta, Catalano per i Commercialisti si è mostrato titubante, non per mancanza di volontà ma perchè ha individuato «carenze nelle norme in vigore». Morfino, neo presidente dell’Ordine dei Medici si è lamentato dei giornalisti, «non sempre sui giornali raccontano la verità», riferendosi però ad una recente notizia sui medici che percepivano indennità per assistiti deceduti, sul resto ha assicurato (su sollecitazione di Amadore) che non ci sarà spazio per medici che magari danno aiuto ai latitanti.
L’ing. Giuseppe Taddeo ha raccontato invece un fatto che dimostra come la mafia possa avere inaspettati complici. Ha citato la discussione «casuale», in piazza, con un notabile della città a proposito dell’attentato subito dal capogruppo in Consiglio comunale del Pd, Pasquale Calamia, guarda caso un architetto. Qualcuno, mafioso o complice dei boss in quelle ore si sarebbe ricordato di Calamia e di un suo intervento in Consiglio comunale, quando, dinanzi al prefetto Stefano Trotta, prese la parola auspicando la cattura del capo mafia latitante Matteo Messina Denaro. Da quel notabile Taddeo ha detto di essersi sentito dire: «Ma cu ci fici fare di parlare di Messina Denaro?». «Ecco – ha spiegato Taddeo – dove sta la potenza della mafia».
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