Durante la sua latitanza a Marsiglia, il boss agrigentino Giuseppe Falsone gestiva gli affari mafiosi via email, dando disposizioni alla rete di fiancheggiatori sgominata dalla squadra mobile di Agrigento che ha eseguito dieci ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip e richieste dalla Dda di Palermo.
I destinatari dei provvedimenti restrittivi dell'operazione antimafia denominata Maginot costituivano i rappresentanti della famiglie mafiose di Favara, Ribera, Sciacca e Agrigento, le più vicine a Falsone. Tra i compiti principali degli arrestati vi era proprio la gestione della latitanza di Falsone sino al momento del suo arresto avvenuto a Marsiglia il 25 giugno del 2010. Le indagini hanno accertato che Falsone, dalla Francia, impartiva le proprie direttive tramite l'invio di email e che il suo principale referente in Sicilia era l'imprenditore di Ribera Carmelo Marotta, 41 anni, che riceveva la posta elettronica in un bunker blindato e schermato per evitare eventuali intrusioni elettroniche da parte della polizia. Nella stessa operazione risultano indagate altre cinque persone che hanno svolto compiti minori, ma comunque funzionali all'organizzazione mafiosa. L'esecuzione dei provvedimenti è avvenuto con il supporto di equipaggi del reparto prevenzione crimine di Palermo. Uno degli indagati è il presidente dell'Ordine degli avvocati di Agrigento Nino Gaziano: nei confronti del professionista si ipotizza il reato di favoreggiamento aggravato di Cosa Nostra. Secondo la Dda, Gaziano avrebbe rivelato il contenuto di alcune intercettazioni telefoniche.
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