Da una parte ci sono i Professionisti Liberi, il comitato che ha raccolto fin qui 1.300 adesioni anche tra non professionisti letteralmente intesi e che si propone di fare da pungolo agli ordini professionali. Dall’altra una categoria, gli avvocati, che prova a smontare le critiche e le provocazioni dei Professionisti Liberi. Se le stanno dando di santa ragione, a parole per fortuna, da un po’ di giorni. Gli avvocati non hanno digerito il decalogo del comitato che contiene prescrizioni a loro modo di vedere un po’ troppo eccessive e potrebbe persino privilegiare alcuni a danno di altri. I professionisti invece difendono il principio: privilegiare chi ha deciso di aderire alla lista dei Liberi sull’esempio della lista del Consumo critico che il comitato Addio Pizzo ha voluto sul fronte dell’antiracket. Se in quel caso il motto poteva essere "Pago chi non paga", in questo caso l’idea è quella di "pago chi si impegna pubblicamente contro la mafia". Cosa che potrebbero fare anche altre associazioni: la Confcommercio di Palermo, per esempio, ha costituito una sorta di coordinamento di professionisti contro il racket e contro la mafia.
Il punto in cui si dice che le amministrazioni, i cittadini ecc. ecc. devono privilegiare gli iscritti al comitato o comunque chi ha aderito al comitato Professionisti liberi in un campo minato qual è quello delle professioni a scatenato polemiche a non finire anche in altre categorie (si veda in questo blog l’intervento di un architetto come Elio Caprì che rappresenta altri professionisti): gli aderenti all’associazione di Confcommercio potrebbero obiettare che loro non possono rimanere esclusi. Così come i singoli professionisti che pensano di avere la coscienza a posto. Chi ha, legittimamente, deciso di non aderire al comitato è portato a pensare che vi possa essere una corsa alle adesioni per ottenere benefici in termini di incarichi e mette le mani avanti ponendo problemi di non poco conto: le pubbliche amministrazioni non possono decidere discrezionalmente di privilegiare gli uni rispetto agli altri. Nella consapevolezza che in Sicilia (ma non solo in Sicilia) gli incarichi professionali vengono dati da sempre (sia dalle amministrazioni mafiose che da quelle antimafiose) sulla base di una discrezionalità assoluta. E dunque può essere mai quello il discrimine? Così come gli avvocati palermitani, al cui interno vi sono fior di professionisti che hanno difeso boss e famigli mafiosi di vario genere e caratura, temono che possa diventare enorme il peso del comitato e di loro colleghi che grazie alla vicinanza al comitato ottengono in maniera privilegiata alcuni incarichi. Basterebbe, in verità, una semplice presa di posizione da parte dell’ordine (che pure in passato ha agito rapidamente contro chi era stato condannato per reati di mafia) per disinnescare qualsiasi polemica. Io continuo a pensare che il modello da seguire sia quello che coinvolge direttamente gli ordini professionali e li impegna a fare pulizia al loro interno, a escludere chi collabora con la mafia a prescindere, chi si impegna ad avviare procedimentri a prescindere dallo stato della giustizia applicando il principio della specialità della giustizia degli ordini che devono vigilare.
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