Torniamo a scrivere di Antimafia, anzi per la precisione della commissione parlamentare Antimafia dell’Assemblea regionale siciliana come viene definita con un tono un po’ pomposo. Lo facciamo perché il presidente della commissione Claudio Fava, chiamato in causa da un commento di cui abbiamo parlato qui ha ritenuto (giustamente) di replicare inviando un commento al Giornale di Sicilia.
Il quotidiano ha ovviamente pubblicato, come si usa fare, la replica di Costantino Visconti, docente di Diritto penale all’Università di Palermo autore del primo commento sul lavoro della commissione Antimafia regionale. Le reazioni, per la verità non si erano fatte attendere vista la pubblicistica che comincia a insinuare l’idea che qualsiasi critica, fondata e legittima, a Claudio Fava sia un attentato all’antimafia militante.
Questa volta comunque Visconti è stato, se vogliamo, più netto. Con un giudizio sulle relazioni dell’Antimafia guidata da Fava che non lascia spazio all’immaginazione. Il titolo del resto è abbastanza chiaro: in quelle relazioni si scopre solo l’acqua calda. “Fava – scrive Costantino Visconti – sarà un ottimo sceneggiatore e giornalista, ma non ha proprio gli strumenti culturali (e quindi è certamente in buona fede) per rendersi conto di cosa ci si aspetta da una commissione parlamentare come quella da lui presieduta”. Tre temi su tutti affrontati ancora una volta da Visconti: il caso Antonello Montante, l’ex presidente di Sicindustria sotto processo a Caltanissetta; il caso dell’attentato all’allora presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci; la vicenda dei beni confiscati alla mafia.
Partiamo dal primo: il caso Montante. “ma davvero Fava non si rende conto di avere scoperto l’acqua calda?” si chiede Visconti. “Avevamo forse bisogno di lui e dei suoi onorevoli colleghi per sapere che il presidente di Confindustria Sicilia, insieme all’ex presidente dell’Antimafia nazionale Giuseppe Lumia, hanno condizionato la politica siciliana, ivi comprese nomine e incarichi vari, nell’arco di due legislature, con i governi Lombardo e Crocetta?” scrive ancora Visconti che continua: “Che cosa ha apportato in termini conoscitivi il lavoro della Commissione? Nulla, se non – ripeto – un po’ di gossip e liste di buoni e cattivi stilate su un formidabile spartiacque: il famoso articolo giornalistico che annunciò che l’industriale risultava indagato per mafia (accuse, peraltro, allo stato rimaste prive di sbocchi giudiziari). Chi ha continuato a parlargli o incontrarlo risulta inserito nella lista dei proscritti (tra l’altro molto incompleta, suppongo, perché l’indagato nei mesi successivi alla pubblicazione della notizia ha mantenuto i suoi incarichi e quindi credo che abbia incontrato l’intero mondo politico-istituzionale). A cosa è servito, dunque, questo poderoso lavoro dei commissari Antimafia siciliani trasformato in piece teatrale portata in giro per teatri di paese con voce narrante dello stesso Fava? A nulla, sembra di capire, anzi di più: “Si è persa un’occasione – scrive Visconti – : si poteva provare a capire meglio le dinamiche che hanno portato gli industriali siciliani prima ad affidarsi a Montante per la guida della loro associazione e poi a svolgere tramite lui un inedito e dannoso ruolo protagonistico nell’arena politica siciliana e nazionale di intesa con un esponente politico di primo piano del Pd. Comprendere meglio, ad esempio, dove erano tutti gli accusatori di oggi quando Montante acquisiva via via l’autorevolezza etico-politica che tutte le istituzioni gli riconoscevano”.
Non la facciamo lunga pur ritenendo che il pezzo di Visconti meriterebbe di essere pubblicato per intero.
Caso Antoci. “E’ molto imbarazzante per la commissione gestire gli schiaffoni ricevuti dalle autorità messinesi: anche al riguardo, tuttavia, di fronte a uno scontro così cruento tra autorità politica e giudiziaria, ci saremmo aspettati qualcosa di più di qualche lamentela sulle capacità professionali dei magistrati” aggiunge Visconti.
Beni confiscati. “La relazione è buona tutt’al più come tesi di laurea ma correggendo gli errori da matita rossa” conclude Visconti.
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