Nino Amadore
Il Comune di Gela adotta il modello di organizzazione previsto dal decreto legislativo 231/2001 e si dota di un infallibile strumento di prevenzione contro le infiltrazioni criminali di ogni tipo oltre a darsi un modello di governance efficiente. Un ente locale (quasi 800 dipendenti e una popolazione amministrata di 80mila persone), guidato da Angelo Fasulo a capo di una giunta di centrosinistra che si pone all’avanguardia della battaglia per la legalità e prova a rendere tracciabili tutte le procedure interne per evitare qualsiasi contatto con le mafie ma anche tentativi di corruzione. Gela si vanta di essere il primo ente locale (che non è obbligato a farlo) a sperimentare questo tipo di organizzazione. «Pur non essendo obbligati gli enti pubblici possono agire nello spirito del decreto legislativo 231/2001. Bisogna ben capire come il modello verrà applicato visto che a differenza delle imprese l’ente locale è chiamato a rispettare leggi e regolamenti. In ogni caso considero questa una strada innovativa che tutti dovrebbero percorrere» dice Costantino Visconti, docente universitario palermitano che opera all’interno del Dems, il dipartimento dell’università di Palermo diretto da Giovanni Fiandaca.
«Credo – dice Lucia Lotti, capo della procura della Repubblica a Gela – che si tratti di un processo molto interessante soprattutto perché riguarda un ente pubblico. Il modello può dare grandi risultati rispettando tre punti cardine: le procedure, il principio di responsabilità e la presenza di organismo di controllo. Ai fini della prevenzione antimafia, in particolare, bisognerà vedere di quali procedure si dota l’ente e di quanto sono incisivi i controlli». Un aspetto molto interessante, quest’ultimo, ai fini della prevenzione e della trasparenza in caso di accesso antimafia da parte delle prefetture: in linea teorica l’applicazione del decreto legislativo 231 potrebbe aiutare gli enti a individuare responsabilità precise in settori ad alto rischio di collusione con la criminalità organizzata (affidamento di incarichi, espletamento di gare d’appalto o affidamenti diretti). Non è il caso di Gela, oggi, ma non sono pochi in tutto il paese gli enti locali interessati dall’accesso antimafia. «Noi – dice il sindaco che oggi parteciperà al Forum Pa per presentare la fatturazione elettronica che prevede anche il pagamento in ordine cronologico delle fatture– pensiamo di poter arrivare tra un anno a ottenere una certificazione che attesti la buona prassi sul fronte della lotta alle infiltrazioni criminali ma anche che si tratta di un modello che garantisce efficienza».
Il Comune di Gela adotta il modello di organizzazione previsto dal decreto legislativo 231/2001 e si dota di un infallibile strumento di prevenzione contro le infiltrazioni criminali di ogni tipo oltre a darsi un modello di governance efficiente. Un ente locale (quasi 800 dipendenti e una popolazione amministrata di 80mila persone), guidato da Angelo Fasulo a capo di una giunta di centrosinistra che si pone all’avanguardia della battaglia per la legalità e prova a rendere tracciabili tutte le procedure interne per evitare qualsiasi contatto con le mafie ma anche tentativi di corruzione. Gela si vanta di essere il primo ente locale (che non è obbligato a farlo) a sperimentare questo tipo di organizzazione. «Pur non essendo obbligati gli enti pubblici possono agire nello spirito del decreto legislativo 231/2001. Bisogna ben capire come il modello verrà applicato visto che a differenza delle imprese l’ente locale è chiamato a rispettare leggi e regolamenti. In ogni caso considero questa una strada innovativa che tutti dovrebbero percorrere» dice Costantino Visconti, docente universitario palermitano che opera all’interno del Dems, il dipartimento dell’università di Palermo diretto da Giovanni Fiandaca.
«Credo – dice Lucia Lotti, capo della procura della Repubblica a Gela – che si tratti di un processo molto interessante soprattutto perché riguarda un ente pubblico. Il modello può dare grandi risultati rispettando tre punti cardine: le procedure, il principio di responsabilità e la presenza di organismo di controllo. Ai fini della prevenzione antimafia, in particolare, bisognerà vedere di quali procedure si dota l’ente e di quanto sono incisivi i controlli». Un aspetto molto interessante, quest’ultimo, ai fini della prevenzione e della trasparenza in caso di accesso antimafia da parte delle prefetture: in linea teorica l’applicazione del decreto legislativo 231 potrebbe aiutare gli enti a individuare responsabilità precise in settori ad alto rischio di collusione con la criminalità organizzata (affidamento di incarichi, espletamento di gare d’appalto o affidamenti diretti). Non è il caso di Gela, oggi, ma non sono pochi in tutto il paese gli enti locali interessati dall’accesso antimafia. «Noi – dice il sindaco che oggi parteciperà al Forum Pa per presentare la fatturazione elettronica che prevede anche il pagamento in ordine cronologico delle fatture– pensiamo di poter arrivare tra un anno a ottenere una certificazione che attesti la buona prassi sul fronte della lotta alle infiltrazioni criminali ma anche che si tratta di un modello che garantisce efficienza».
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