Tosto il dibattito di martedì 14 nell’accogliente Biblioteca De Nobili di Catanzaro. Il libro di Nino Amadore (giornalista del Sole 24 Ore) “Calabria Sottosopra” (edito dalla lanciatissima “Rubbettino” che mette a segno, a ritmo incalzante, titoli di successo nel dibattio culturale italiano), ha suscitato polemiche, accuse, contraccuse, difese d’ufficio. Il confronto è stato serrato, e gli imprenditori non si sono tirati indietro.
Tutto all’insegna di quella stupenda poesia di Costabile (inserita ne la “La Rosa nel bicchiere): “Ecco, io e te, Meridione, dobbiamo parlarci una volta, ragionare davvero con calma,da soli, senza raccontarci fantasie sulle nostre contrade…” Agguerriti i partecipanti al dibattito dinanzi ad un libro carico di provocazioni culturali (d’altronde Amadore si colloca tra i ‘provocatori’ di professione) del tipo: “La Calabria è una società cristallizzata nel malaffare”, “La sua classe dirigente, mediocre, è succube della cultura parassitaria”. Tullio BARNI, docente di anatomia all’Università Magna Grecia di Catanzaro ha fustigato la classe politica. Altre regioni del Sud crescono (almeno in cultura) mentre la Calabria affonda. Ma ha difeso Arcavacata, su cui Amadore è scettico, perché ha perso da tempo ormai la spinta propulsiva delle origini, diventando un’istituzione come le altre. La politica condiziona molto gli imprenditori, anche quelli di successo, attacca Sebastiano CAFFO, presidente dei giovani Imprenditori Confindustria Calabria. E’ vero che la Calabria “non ha alcun sistema economico, ma soltanto lavori pubblici, come sostiene il procuratore Facciolla? Francesco CAVA, Presidente ANCE Calabria, non si tira indietro. Nessun giustificazionismo, qui ci sono incompiute come la Trasversale delle Serrev di cui si parla dal 1963. Spiega, però, tutte le iniziative in campo per riscattare un settore che soffre, e che, nella selva di norme e pressioni, lotta per sopravvivere dignitosamente. Claudio CAVALIERE, Segretario regionale di Legautonomie Calabria, denuncia: “In Calabria tutto è politica, questo è il male con cui fare i conti”. E dell’incapacità dei comuni calabresi di fare rete (com’è accaduto, per esempio, in Lombardia con la manifestazione dei Comuni guidata, addirittura, dal sindaco leghista di Varese, Fontana, contro il Governo per rivendicare fondi) persino per protestare quando lo Stato sottrare risorse importanti? Si, chiarisce, la disarticolazione dei territori e l’assenza di un progetto Calabria non aiuta la reattività dei sindaci”. Combattente, al solito, il giovane Vincenzo CAPELLUPO, presidente della dinamica Associazione Ulixes che propone iniziative di dibattito connesse con i temi della legalità, dà legnate alla classe politica che mette da canto in ogni tornata elettorale codici etici e sensibilità democratica”. Chiude Amadore: “Non è vero che questa regione non ha speranza”. Ma lo dice dopo aver viaggiato da Nord a Sud nelle clamorose, storiche, occasioni perdute della Calabria, dopo aver scritto (non lui ma Francesco Gaeta nella prefazione) che “questa regione non ha storia perchè non ha padre, quindi non ha progetto e non ha futuro”. Da buon conoscitore delle dinamiche meridionali, è responsabile del dorso Sud del Sole 24 Ore, Amadore sostiene che la Calabria le opportunità per invertire la rotta le ha avute, ma le ha mancate (ad iniziare dalla Rivolta di Reggio, il nel cui esito l’autore del volume individua l’accumulazione originaria per le più importanti ‘ndrine, prima ancora dei sequestri di persone…) E prima che le luci della serata si chiudano, lancia questo interrogativo, da siciliano: “Perché in questa regione non ci sono stati personaggi come Pio La Torre?” Il giornalista Romano Pitaro, ha moderato il dibattito, pur considerando “assai utile” un libro così tranciante, ha messo però in guardia: “Attenzione a non trasmettere la sensazione che dinanzi all’immagine di Calabria sconfitta che il libro trasmette, non venga meno la voglia d’ impegnarsi per riformala. Occorrerebbe evitare di considerarla un ‘caso’ al limite della tolleranza democratica, perché altrimenti si avvalorano le tesi dei leghisti sul Mezzogiorno e quelle di alcuni opinion leader che vorrebbero farne il capro espiatorio di un’Italia che secondo il Censis ha perso la bussola, è in declino, senza desideri, esangue”.Mostra tutto
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