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Con la crisi cresce l’usura. A rischio Calabria e Sicilia

La crisi, con le famiglie e le pmi in difficoltà per l’aumento dei prezzi e la pressione fiscale, contribuisce ad alimentare l’usura. E al Sud il fenomeno è al livello di allarme. Nel rapporto ‘L’usura: quando il ”credito” è  nero, l’Eurispes traccia una mappa del fenomeno usura in Italia attraverso l’Iru (Indice di Rischio Usura). Il primo dato è inequivocabile: un’analisi del valore riscontrato a livello provinciale, evidenzia anzitutto come la totalità delle province con un Indice di Rischio Usura classificato come ‘Alto’ (Valore IRU 80-100) e ‘Medio-Alto’ (Valore IRU 60-80) appartengono al Mezzogiorno.
La maggiore vulnerabilità di questo territorio rispetto al resto d’Italia trae origine dalla persistenza, a livello regionale e provinciale, di talune condizioni che si ritiene favoriscano il diffondersi del fenomeno dell’usura, tra cui: l’elevato tasso di disoccupazione; il Pil pro-capite notevolmente inferiore rispetto alla media nazionale; la diffusione della criminalità (estorsioni, associazioni a delinquere); le crescenti difficoltà economiche di famiglie e imprese (protesti, sofferenze, cessazioni di impresa); la minore presenza di banche sul territorio (sportelli, comuni serviti) e le difficili condizioni di accesso al credito (tassi di interesse medi attivi superiori rispetto alla media nazionale).
Particolarmente a rischio le province della Calabria (tutte nelle prime sei posizioni della graduatoria, con un IRU medio regionale di 97,1), della Campania (a rischio ‘Alto’ tutte le province, ad esclusione di Napoli, con un IRU medio regionale di 88,4) e della Sicilia (quattro province a rischio ‘Alto’, cinque province a rischio ‘Medio-Alto’ e un IRU medio regionale di 78,2).
Nella categoria identificata come a rischio ‘Medio’ (IRU 40-60, con valori compresi tra 40,6 della provincia di Perugia e 58,5 della provincia di Viterbo) si riscontra, viceversa, una netta predominanza delle province del Centro (60% del totale), mentre costituiscono una minoranza le province del Mezzogiorno e del Nord-Ovest (40% del totale). La più alta concentrazione delle province del Centro Italia nella classe di rischio usura ‘Medio’ trova conferma anche nella classifica regionale, nella quale Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria registrano valori IRU compresi tra 41,8 e 57,3.
Al ridursi ulteriore dell’IRU e della classe di rischio usura (‘Basso’, con valori IRU 20-40), il contributo delle province appartenenti alle diverse aree geografiche cambia nuovamente, con una presenza sempre più significativa delle province del Nord-Ovest (43,3% del totale, con valori IRU compresi tra 20,1 di Como e 40 di Asti) e del Centro (36,7% del totale, con valori IRU compresi tra 22,4 di Siena e 39,2 di Massa Carrara) e la totale assenza di province del Mezzogiorno.
Nella classe di rischio usura ‘Molto Basso’ (valore IRU 0-20) tutte le province, ad eccezione di Firenze, appartengono al Nord Italia, con una netta prevalenza delle province del Nord-Est rispetto a quelle del Nord-Ovest (rispettivamente 64% e 32% del totale). Le province di Trento e Bolzano risultano in assoluto le meno vulnerabili rispetto al fenomeno dell’usura (con un valore IRU rispettivamente di 0,0 e 5,6), cui corrisponde nella graduatoria regionale il primato del Trentino Alto Adige (valore IRU 2,8), seguito da Emilia Romagna, Lombardia e Veneto (con un valore IRU rispettivamente di 15,3, 18 e 18,7). (AdnKronos)
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