«Scarica il pizzo. Chiama il 3319099459». È lo slogan della campagna di Confesercenti di Palermo che punta a sovvertire un sistema economico-criminale che, in base al decimo rapporto di Sos impresa in Italia, ha un giro d’affari relativo a racket e usura che raggiunge i 40 miliardi di euro. L’iniziativa consiste nell’affissione di
mille manifesti 100×70 in tutta la città e nella diffusione di cinquemila volantini.
A Palermo l’80% dei negozianti pagano mensilmente al racket secondo una vera e propria tabella: negozio dai 200 ai 500 euro mensili; negozio elegante al centro dai 750 ai mille euro; il supermercato 5 mila euro; il cantiere aperto 10 mila euro. «Palermo – dice il rapporto – è il cuore dell’organizzazione mafiosa. Lì si confrontano i clan, i capi, si stabiliscono alleanze, si studiano le nuove strategie l’imposizione del pizzo, è l’essenza stessa della mafia. Dopo anni di scarsa esposizione si è passati dall’attak ai lucchetti delle saracinesche, della colla nelle serrature, alle bombe e con esse alla tolleranza zero. Le cosche si contendono la supremazia del dopo Provenzano a suon di attentati». Le indagini avevano dimostrato che «a Palermo il pizzo lo pagano tutti: Se non paghi ti rompono le corna: Un ragazzo che si vuole mettere all’angolo a vendere aglio e prezzemolo paga pure il pizzo». Al racket non sfugge nessuno dagli eleganti negozi
del centro ai grandi alberghi, dai ristoranti di Mondello alle «putie» (botteghe) della periferia e persino i commercianti di origine cinese della zona della stazione centrale. In questo modo, in un anno i clan mafiosi di Porta Nuova e Pagliarelli a Palermo hanno incassato due milioni e mezzo di euro. Il dato è emerso da indagini dei carabinieri, conclusesi a maggio con l’arresto di otto persone, secondo le accuse inserite nei due
mandamenti di Cosa Nostra. Le attività estorsive dei clan sono
state ricostruite dagli investigatori sino a tutto il 2005. Nel mirino del racket commercianti e imprese: il pizzo secondo i carabinieri avrebbe fruttato oltre 2,5 milioni di euro all’anno, sia attraverso il pagamento di mazzette in contante, sia per il valore di beni e servizi ceduti dalle vittime agli esattori delle diverse famiglie mafiose.«Noi invitiamo i commercianti e tutti gli imprenditori – dice Confesercenti – a scaricare il pizzo, a loro mettiamo a disposizione l’assistenza legale ma anche una forma di accompagnamento che sin dall’avvio delle indagini li inserisca in un contesto collettivo e quindi a basso rischio. Chiamando il nostro numero si avvia un percorso nel quale l’imprenditore che denuncia non sarà lasciato solo». Il primo riferimento è a quei commercianti che sono dentro il libro mastro dei Lo Piccolo: «Se non collaborano, oltre che ad una condanna per favoreggiamento, vanno incontro al ritiro dell’autorizzazione».
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