Non è solo la paura a trattenere gli imprenditori che vengono contatti dalle organizzazioni criminali, ma è anche la convenienza nel fare affari migliori che li trattiene dal denunciare le mafie alla magistratura. Il concetto è stato espresso dal procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini, durante un convegno intitolato ‘Le mafie nella società civilè nell’Aula Magna del palazzo di Giustizia di Milano. «La nostra esperienza – spiega Boccassini – ci induce a pensare che vi è convenienza e consapevolezza di avere a che fare con altre imprese malate. Esiste un tessuto della nostra imprenditoria che ha interesse a fare affari con le organizzazioni criminali che offrono un prezzo minore in alcuni settori. Basta dire ‘Papalià o ‘Barbarò (due importanti famiglie criminali individuate dagli investigatori, ndr) per avere rispetto assoluto e consapevolezza assoluta di con chi si ha a che fare. Vi è un degrado culturale nel quale le organizzazioni criminali si buttano a pesce». Nei mesi scorsi, Boccassini, che ha coordinato il maxi blitz contro centinaia di esponenti della ‘ndrangheta tra Lombardia e Calabria l’estate scorsa, aveva rimarcato lo scarso numero di imprenditori vittime che denunciano il circuito criminale. Intervenendo al convegno il magistrato ha detto che nulla è cambiato rispetto a quella denuncia, «continua a non esserci la folla di imprenditori davanti alla mia porta, nonostante non si fermino i danneggiamenti, gli atti di intimidazione, di incendi… È evidente che non è solo per paura che gli imprenditori non denunciano; tenete presente che se io so che un’organizzazione criminale mi fa guadagnare di più, ho interesse a fare affari con lei». Boccassini ha poi sottolineato che non è compito della magistratura spingere gli imprenditori vittime della criminalità a denunciare, funzione che invece deve essere assolta dalle organizzazioni di categoria e dallo Stato. «Aiutare le persone vittime di estorsioni deve essere una priorità dello Stato».
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